di ENNIO SIMEONE – Dall’Italia stanno partendo una serie di squallidi messaggi all’Europa: sono quelli mandati dai cosiddetti “alleati” di governo, ciascuno impegnato a metterci un pezzo di discredito verso il presidente del Consiglio e di conseguenza a discapito del credito che il nostro paese aveva faticosamente conquistato nell’arco dell’ultimo anno e mezzo proprio grazie al prestigio che Giuseppe Conte era riuscito a conquistare intessendo costruttivi rapporti con i leader dei principali paesi dell’Unione. Grazie a questo intenso lavoro, Conte ha ottenuto nel mese di luglio l’impegno della Commissione Europea, su iniziativa della presidente, Ursula von der Layen, alla assegnazione all’Italia della quota più alta del contributo per la ripresa dall’emergenza covid – il Recovery fund – ammontante a 205 miliardi.
Un fondo, quello, al quale è stato poi dato un titolo diverso, più calzante – “NextGeneration Eu” – per sottolineare che quel denaro va investito dai singoli stati per costruire un futuro alle nuove generazioni, quindi un programma di spese per opere adeguate a questo scopo sia nel campo delle innovazioni tecnologiche, sia nel campo della difesa ambientale, in grado di generare lavoro e occupazione e quindi di rinsaldare le economie devastate dalla pandemia.
Perciò l’assegnazione di quei fondi (peraltro ostacolata dall’opposizione di due paesi come l’Ungheria e la Polonia, e mal vista all’inizio anche da Olanda ed Austria) presuppone la presentazione, da parte di ciascuno stato, di progetti e piani di investimento compatibili con il perseguimento di quegli obiettivi.
A tale scopo Giuseppe Conte ha immaginato l’opportunità – per di più di fronte all’ondata di proposte, alcune frantumate a loro volta in tanti progetti e “sotto-proposte” piovuti sui tavoli dei vari ministeri – di creare una apposita task force con il compito sia di vagliare e selezionare quel mare di proposte, sia di creare un organico pacchetto di investimenti da presentare alla Commissione europea, sia (una volta ottenuto l’ok) di gestirli.
Idea valida o Idea rischiosa? Idea opportuna per accelerare i tempi di realizzazione degli obiettivi o idea che potrebbe apparire come uno scavalcamento dei ministeri e elle strutture statali? Potrebbero essere interrogativi tutti validi, anzi lo sono. Ma non possono diventare, come invece sono subito diventati, motivo e oggetto di scontro tra le parti politiche che compongono la maggioranza di governo, con accuse al presidente del Consiglio di voler sottrarre non soltanto al Parlamento ma anche ai suoi ministri la gestione dei 205 miliardi e di voler accentrare nelle sue mani il controllo e la gestione di quei miliardi. Tutte accuse affidate a dichiarazioni bellicose e minacciose nelle quali ha primeggiato in queste ore uno degli “alleati” di governo, come il solito Matteo Renzi, che accusa il suo successore di voler usare i metodi che lui usava negli anni in cui è stato presidente del Consiglio, e minacciando ovviamente una crisi, usando la formula “non abbiamo voluto dare i pieni poteri a Salvini e non intendiamo darli a Conte“, mettendo con disinvoltura e acrimonia sullo stesso piano colui che è stato ed è un avversario e colui che è o dovrebbe essere un alleato.
Ciò non significa che al capo di un pezzetto della maggioranza di governo sia vietato dissentire dalle scelte o dalle proposte del capo del governo e sia vietato contrapporgli proposte diverse. Il problema è il modo e soprattutto l’ostentato sbandieramento del dissenso, infarcito di accuse pesanti, che trasmette all’Europa l’immagine di una maggioranza di governo lacerata da aspri contrasti e perciò di una Italia inaffidabile, addirittura immeritatamente destinataria di una sovvenzione, che è anche la più corposa tra quelle attribuite ai vari paesi europei. E tutto questo a quale scopo?
Renzi, insomma, perde il pelo ma non il vizio. Dall’Enrico stai sereno (che mandò a Letta prima di silurarlo) è pronto a passare al Giuseppe ti sgambetto. A spese dell’Italia.
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