I tre fronti su cui si misura la fragilità della strategia di Putin. Uno lo si può misurare persino in Calabria: a Scalea

di SERGIO SIMEONE*Vladimir Putin sa che per vincere la guerra con l’Ucraina deve battersi su tre fronti: quello della guerra guerreggiata, quello economico-finanziario e quello interno  della conquista del consenso del popolo russo. L’autocrate, a 37 giorni dall’invasione, appare in difficoltà sui primi 2 fronti. Quello su cui invece sembra riscuotere i maggiori successi è il fronte interno, a giudicare dai sondaggi che registrano il consenso dell’82 % dei russi alla sua scellerata avventura.

Ma vediamo quali sono gli argomenti su cui si reggono questi successi.

1. La Russia è minacciata dalla NATO, che si è estesa verso est accogliendo nella sua organizzazione Paesi già membri del patto di Varsavia. L’eventuale ingresso dell’Ucraina nel patto atlantico andrebbe a saldare una cintura anti-Russia dal mar Baltico al mar Nero.

Quello che è sbagliato in questo ragionamento è il punto di partenza: la NATO è certamente sorta come organizzazione militare per fronteggiare,  con l’inizio della guerra fredda, l’Unione sovietica, ma, con il dissolvimento di questa, non si è mutata in organizzazione antirussa. Se così fosse, infatti, non si spiegherebbe il fatto che quasi tutti i Paesi membri della Nato si siano resi dipendenti dalla Russia per l’approvvigionamento delle fonti energetiche, nonché per la fornitura di grano, mais e materie prime. E’ una scelta che può essere fatta solo se si nutre una illimitata fiducia nel Paese fornitore di questi beni, che quindi non viene avvertito come nemico. Il Paese che possiede la più grande industria manifatturiera d’Europa, la Germania, anzi,  aveva nei confronti della Russia di Putin una tale fiducia da concordare, nonostante il parere negativo degli USA, la costruzione di un nuovo più grande gasdotto che l’avrebbe resa ancora più dipendente.

Che questa fiducia dell’Occidente verso Putin si fosse consolidata  è dimostrato anche dal fatto che tutti gli analisti geopolitici concordavano, fino a poco tempo fa, sul fatto che negli ultimi tempi l’attenzione degli USA si era spostata dall’Europa verso la zona indo-pacifica, perché lì c’era il vero nemico dell’occidente: la Cina. Non c’è da meravigliarsi che questa tesi della Russia minacciata dalla NATO se la siano bevuta i russi, che sono privi di una libera informazione (vedi, da ultimo, la chiusura anche della Novaja Gazeta, la rivista fondata da Gorbaciov, su ci scriveva Anna Politikovskaja, la giornalista assassinata per i suoi articoli di denuncia della corruzione) e sono perciò facile preda della propaganda di regime. Meraviglia molto di più che se la siano bevuta anche i nostri “né né”, che vanno ripetendo come automi che bisogna capire anche le ragioni di Putin.

2. L’Occidente, dice Putin (sostenuto in questo dal pope ortodosso Kirill), è in una fase di decadenza anche da un punto di vista culturale ed odia i russi perché sono portatori di una cultura sana che conserva i valori della tradizione. La prova starebbe in una serie di episodi, che rivelerebbero il diffondersi di una vera e propria russofobia, come, in Italia, l’annullamento di un corso su Dostoevskij programmato dall’università la Bicocca. In realtà questo episodio rivela il contrario di quello che dice Putin, perché se un minus habens ha avuto l’infelice idea di annullare il corso universitario (che sarebbe  come annullare un corso su Dante perché italiano… come Mussolini o uno su Kant perché tedesco.. come Hitler), tutto il mondo della cultura è unanimemente insorto imponendone il ripristino.

Ma bisogna anche riconoscere che su questo tema ci sono stati eccessi di zelo, come l’ostracismo dato ad alcuni artisti perché amici di Putin o l’esclusione di russi da alcune manifestazioni sportive.

E’ necessario invece, per togliere questa arma a Putin, che gli italiani facciano capire di saper distinguere tra Putin ed il popolo russo e che il disprezzo che possono avere per il primo non ha intaccato il sentimento di amicizia che lega italiani e russi.

L’occasione è offerta dalla stagione turistica, quando una notevole quantità di russi vengono per visitare le nostre città e prendere il sole sulle nostre spiagge. C’è, ad esempio, un paese calabrese, Scalea, che nei mesi di maggio e giugno (i mesi estivi sono troppo caldi per loro) si riempie di russi a tal punto che molti negozi e ristoranti hanno insegne anche in caratteri cirillici. Non si tratta di oligarchi, ma di famiglie appartenenti al ceto medio che hanno acquistato piccoli appartamenti per non più di 50.000 euro. Speriamo che tornino anche quest’anno superando le difficoltà insorte a causa della caduta del rublo. Certamente i calabresi faranno sentire che la loro amicizia è sempre viva. Intanto quelli che hanno scelto Scalea come residenza definitiva hanno già partecipato, insieme agli ucraini residenti in Italia, alle manifestazioni contro la guerra.

*Sergio Simeone, docente di Storia e Filosofia, è stato ance dirigente del sindacato scuola della Cgil

 

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