“Anno bisesto, anno funesto’‘, dicevano i Romani. ”Anno bisesto, né baco, né moglie, né innesto”, incalzava mille e 400 anni dopo lo scienziato Michele Savonarola, nonno del domenicano Girolamo. Insomma, fermi tutti: niente nuove imprese, ne’ passioni, quando l’anno ha un giorno in più. Povero 2016, a partire così la strada è davvero in salita. E a pochi giorni dalla data fatidica, quel 29 febbraio che compare ogni quattro anni, quasi esistesse e non esistesse, anche chi non è superstizioso si ritrova a pensarci su.
Accade da secoli. Da quando, nel 46 a.C., Giulio Cesare, per pareggiare i conti con le sei ore circa che ”avanzano” ogni anno dai 365 giorni canonici, seguendo i calcoli dell’astronomo Sosigene di Alessandria introdusse nel suo calendario un giorno in più ogni 4 anni, subito dopo il 24 febbraio. E poiché il 24 febbraio in latino era il ”sexto die ante Calendas Martias”, quel giorno diventò il ‘‘bis sexto die”, da cui la denominazione ”bisestile”.
Fu però Papa Gregorio XIII ad accorgersi che con il passare dei secoli il calendario civile non andava d’accordo con il calendario solare e anzi si rischiava di finire a celebrare la Pasqua in estate. Nel 1582 con la bolla papale Inter gravissimas eliminò dunque tre anni bisestili ogni 400 (quelli d’inizio secolo), riducendo la differenza a soli 26 secondi in eccesso (la durata media dell’anno è ora di 365,2425 giorni). Il giorno in più diventò il 29 febbraio e per quell’anno si riportò l’equinozio di primavera al 21 marzo saltando d’un colpo dal 4 al 15 ottobre.
Da allora gli anni bisestili non contano grandi avvenimenti, proprio perché contrarre matrimoni importanti o lanciarsi in campagne di conquista in un anno ”funesto” non era di buon auspicio. Anche il 29 febbraio non vanta molte nascite eccellenti: statisticamente dovrebbero essere un quarto della media, ma a lungo si è usato ritardare la registrazione dei neonati al giorno successivo. Fanno eccezione Alessandro Farnese, il futuro Papa Paolo III del concilio di Trento, nato il 29 febbraio del 1468. E, nel 1792, Giocchiano Rossini, il padre del melodramma italiano e autore del Barbiere di Siviglia. Dal Guinness dei primati c’è poi la famiglia Keogh, con ben tre generazioni dal nonno Peter Antonhy al figlio Peter Eric e la nipote Bethany Wealth, tutti nati il 29 febbraio. Sempre pochi, però, a sentire lo spagnolo José Manuel Ubarrechena, che, stufo di festeggiare il compleanno da solo, nel 1996 mise un annuncio su El Mundo per lanciare il Circolo mondiale dei bisestili. Un anno dopo negli Stati Uniti è nata anche l’Honor Society of Leap Year Day Babies, fondata dai due ”bisesti” Raenell Dawn Cardile Ochampaugh e Peter Brouwer.
Ma perché tanta ostilità verso l’anno bisestile? Colpevoli sono i Romani, da sempre avversi alle irregolarità e per i quali febbraio era il Mensis Feralis, il mese dei morti, dedicato ai riti per i defunti e alle cerimonie di purificazione. Nel 1400 Savonarola nonno rincarò la dose, affermando che i bisesti erano nefasti per greggi e vegetazioni, che portavano epidemie e grande tragedie. E i detti popolari hanno fatto il resto: ”anno bisesto anno funesto e triste quello che gli viene appresso”, ”anno bisesto tutte le cose van di traverso”, ”anno bisestile chi piange e chi stride”, ”anno bisesto senza sesto” (ovvero, senza senno). In Emilia, poi, è detto anche l’anno della balena, secondo la credenza che la balena partorisca solo ogni quattro anni.
I più superstiziosi sono corsi a fare i conti: è in un anno bisestile, il 1908, che è avvenuto il terremoto di Messina, nel 1968 quello in Belice, nel 1976 in Friuli e nel 2004 lo tsunami nell’Oceano Indiano. Sempre in un anno bisestile, il 2012, era prevista anche la fine del mondo secondo i Maya. Ma visto che siamo tutti ancora qui, forse invece quel 29 febbraio ha portato bene. D’altronde l’ostilità contro il bisestile appartiene solo ai popoli latini. Nei paesi anglosassoni, ad esempio, una tradizione legata a S. Patrizio vuole che il 29 febbraio (il ”leap” day, il ”giorno del salto”) le ragazze possano chiedere al fidanzato di sposarle. Chi non accetta paga pegno, comprese 12 paia di guanti, uno al mese, per celare la mano ancora senza anello della fanciulla.
Oggi per molti quel giorno ”regalato” sta diventando anche un’occasione. La Confederazione europea di pallavolo, ad esempio, ha lanciato per il 29 il One Day More For Volleyball, un giorno in più per la pallavolo, tutto dedicato a partite dimostrative con giocatori di ogni livello e abilità, per promuovere lo sport tra divertimento e fair play. C’è #24more, campagna delle no profit Amani Institute e iLEAP, per interrogarsi sull’equilibrio tra vita e carriera, tra chi siamo e cosa facciamo. A Bologna, tra risate e cultura, è nato anche un Festival, l’Errore Day (28-29 febbraio). Fino alla Giornata nazionale delle malattie rare, in calendario nell’ultimo giorno del mese: ogni 4 anni, proprio nel ”raro” 29 febbraio.
* Servizio Ansa
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