di FABIO CAMILLACCI/ Giornata di sentenze che fanno rumore nel calcio. Come era nella logica delle cose alla luce di ciò che recita il protocollo calcistico sul Covid-19, la Corte d’Appello della Figc ha respinto il ricorso del Napoli sulla vicenda relativa alla partita con la Juventus. Resta quindi confermato il 3-0 a tavolino in favore dei bianconeri e il -1 in classifica per i partenopei. Ricordiamo che il Napoli, in seguito alle positività di Zielinski ed Elmas, non si presentò all’Allianz Stadium di Torino lo scorso 4 ottobre nonostante per la Lega calcio la partita si dovesse giocare. Pesanti le motivazioni della sentenza ma De Laurentiis non si arrende e annuncia ulteriori ricorsi.
La sentenza dei giudici. Nelle motivazioni si legge: “Il fine ultimo dell’ordinamento sportivo è quello di valorizzare il merito sportivo, la lealtà, la probità e il sano agonismo. Tale principio non risulta essere stato rispettato, nel caso di specie, dalla Società ricorrente, il cui comportamento nei giorni antecedenti quello in cui era prevista la disputa dell’incontro di calcio Juventus-Napoli, risulta, teso a precostituirsi, per così dire, un ‘alibi’ per non giocare quella partita”. Inoltre, per la Corte d’Appello Federale: “La mancata disputa dell’incontro non è dipesa da una causa di forza maggiore, o addirittura dal c.d. ‘factum principis’, come invocato dalla Società S.S.C. Napoli S.p.A., bensì da una scelta volontaria, se non addirittura preordinata, della Società ricorrente”.
Altri punti importanti delle motivazioni. I giudici infatti aggiungono: “La condotta tenuta dal Napoli nei giorni antecedenti la partita è stata tenuta al precipuo scopo di non disputare il predetto incontro, o, comunque, di precostituirsi una scusa per non disputarlo. Ne è prova il contenuto della documentazione di causa, dettagliatamente esaminata dal Giudice Sportivo, ad iniziare dalla nota della ASL Napoli 1 in cui veniva spiegato, in maniera chiara e inequivocabile, che la responsabilità nell’attuare i protocolli previsti dalla Figc per il contenimento dell’epidemia da Covid- 19 è in capo alla Soc. Napoli e pertanto quest’Azienda non ha alcuna competenza”.
Le conclusioni. Infine la Corte spiega: “La ragione per la quale una Società di calcio professionistico, ben consapevole del contenuto dei Protocolli federali in materia di gestione delle gare e degli allenamenti in tempo di Covid-19, per averli applicati più volte, debba chiedere lumi sulla loro applicazione alle Autorità sanitarie è difficile da comprendere e a tale condotta non può che attribuirsi altro significato che quello della volontà della Società ricorrente di preordinarsi una giustificazione per non disputare una gara che la Società ricorrente aveva già deciso di non giocare”. Mi piace ricordare che Altroquotidiano fu l’unico ad anticipare le motivazioni della sentenza titolando: “Si scrive ASL ma si legge ADL”.
Napoli furioso, ADL non molla. La società azzurra di De Laurentiis respinge questa lettura dei fatti, annuncia ulteriori ricorsi e in un comunicato scrive: “La SSCN prende atto della decisione della Corte Sportiva d’Appello ed è già al lavoro per preparare il ricorso al Collegio di Garanzia dello Sport del Coni. La SSCN non condivide in toto la sentenza che getta ombre inaccettabili sulla condotta della Società trascurando documenti chiarissimi a suo favore e delegittima l’operato delle autorità sanitarie regionali. La SSCN ha sempre perseguito valori quali la lealtà e il merito sportivo e anche in questo caso intraprenderà tutte le iniziative per rendere giustizia alla propria condotta orientata al rispetto della salute pubblica e per fare in modo che il campo sia l’unico giudice a decidere il risultato di una partita di calcio”. Dopo il Collegio di Garanzia dello Sport del Coni, ADL farà ricorso al Tar e magari al Tas di Losanna. Lo sappiamo, in Italia funziona così: chi sbaglia fa sempre fatica ad ammettere l’errore invece di riflettere sugli sbagli fatti.
Verona-Roma, respinto anche il ricorso dei giallorossi: resta il 3-0 a tavolino in favore dell’Hellas. La Corte d’Appello in questo caso non ha ritenuto valida la tesi difensiva della società di Friedkin, che puntava ad ammettere l’errore ma a sottolineare anche come dallo stesso la squadra non avesse tratto beneficio e che, quindi, mancava di fatto l’elemento del dolo. Però, in base alle norme attuali, per ribaltare il verdetto del giudice sportivo sarebbe servita una sentenza “rivoluzionaria”, che avrebbe fatto giurisprudenza e creato un pericoloso precedente; così come nel caso di Juventus-Napoli.
I fatti. Diawara aveva giocato a Verona nella prima di campionato contro gli scaligeri, senza essere stato inserito nella lista dei 25 che tutte le squadre di Serie A devono consegnare a inizio stagione. Una dimenticanza, grave, gravissima, inammissibile, quella del club giallorosso. Il centrocampista guineano che ha compiuto 23 anni a luglio, anche nella scorsa stagione non era inserito nella lista, ma perché aveva ancora 22 anni e tutti i giocatori fino ai 22 anni possono non essere inseriti ed essere comunque utilizzati. Ma a qualche genio della società romanista è sfuggito che Diawara ha compiuto 23 anni a luglio e quindi andava inserito nella lista.
La difesa dei giallorossi e le prospettive di un altro ricorso. La Roma in sede di dibattimento ha sottolineato come la cosa non abbia portato a un beneficio reale, visto e considerato che al posto di Diawara in lista non è stato inserito un altro giocatore. La tesi, però, non è bastata per cambiare il giudizio di primo grado. Ora il club capitolino potrebbe appellarsi al Collegio di Garanzia del Coni, che eventualmente discuterà la questione a inizio 2021. Se ricorso sarà, vale lo stesso discorso fatto per il Napoli. Quindi, non è solo il campionato del Covid ma anche quello dei giudici e delle sentenze per errori da dilettanti commessi da alcuni club.
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