di SERGIO SIMEONE* – Dopo aver assistito agli ultimi posizionamenti politici di Salvini mi sono convinto che il leader leghista deve essere affetto dalla sindrome di Zelig (il personaggio reso famoso da un film di Woody Allen), che assumeva le sembianze delle persone con cui entrava in contatto. La sindrome ha cominciato a manifestarsi con l’ingresso della Lega nel Governo Draghi: il capitano, che, frequentando soggetti euroscettici come Borghi e Bagnai era diventato un convinto euroscettico, non appena è entrato in contatto con l’ex presidente della Bce, il più europeista d’Europa, è diventato europeista anche lui. E’ bastato però che incontrasse un gruppo di politici sovranisti, come Orban e Morawiecki per “accorgersi” che l’Unione europea tenta di soffocare l’autodeterminazione delle nazioni.
E’ poi toccato alla riforma della giustizia far riemergere i segni della sindrome. Dopo un colloquio con la Cartabia il capitano si è subito convinto che la proposta della ministra era perfetta. Ha tenuto anzi a precisare, roteando minacciosamente gli occhi, che chi avesse osato cambiare anche una virgola di quella proposta avrebbe fatto i conti con lui. Ma essendosi poi trovato a passare davanti ad un banchetto di radicali che stavano raccogliendo firme per un referendum sulla giustizia si è immediatamente convinto che quella era la strada migliore per la riforma della giustizia ed è diventato un suo strenuo sostenitore.
Salvini è stato poi molto turbato dagli attacchi subiti da Orban da parte della Commissione europea per la legge sulla protezione dei minori a causa della omofobia presente nel testo. Egli, che si sente sempre vicino al leader ungherese, anche quando ne è fisicamente lontano, lo ha difeso a spada tratta. Ma al tempo stesso si è offerto di salvare in Italia la legge Zan contro la omofobia, purché Letta accetti la sua mediazione per realizzare un testo condiviso. Ma Letta, chissà perché , ha respinto la sua offerta dicendogli che, prima, il mutevole Matteo doveva dissociarsi da Orban. Letta evidentemente non ha capito che lui, da buon Zelig, è orbaniano quando sta con Orban e diventa lettiano quando sta con Letta.
Altro motivo di amarezza per Salvini è stata la polemica sulle vaccinazioni. Draghi, con la sua reprimenda, durante la conferenza stampa sul green pass, contro i no vax ha criticato chi, come Salvini, crea ostacoli alla campagna di vaccinazione di massa. Nemmeno lui ha capito che il capitano è pro vax quando parla con Draghi (tanto vero che si è vaccinato il giorno dopo la conferenza stampa ) e diventa no vax se vede passare un corteo no vax (tanto da scagliarsi contro chi osasse inseguire suo figlio con una siringa per vaccinarlo).
Il dramma vero di Salvini è che questo suo continuo riposizionarsi viene interpretato da molti come cinico tentativo di acchiappare consensi da tutte le direzioni. E questo perché in Italia non esiste una Eudora, la psicologa che, nel film di Woody Allen, capisce che il comportamento di Zelig ha origine da traumi infantili sofferti dal protagonista che perciò, con la sua sindrome, manifesta il suo forte desiderio di essere amato da tutti. Se, infatti, una cotale psicologa esistesse in Italia, non le sarebbero sfuggite le immagini da lui stesso diffuse sui social nelle quali si vede il capitano sorridere beatamente mentre spalma generosamente nutella su fette di pane e ne avrebbe subito dedotto che Salvini viene preso frequentemente da regressioni infantili.
Finiamola perciò di parlare di cinismo ed opportunismo a proposito delle sue giravolte politiche. Salvini ha solo bisogno di tanto affetto per superare i suoi traumi infantili. Da quando l’ho capito… anch’io ho cominciato a volergli bene.
*Sergio Simeone, docente di Storia e Filosofia, è stato anche dirigente del sindacato Scuola della Cgil
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