di SERGIO SIMEONE *– Credo che il caso Vannacci rappresenti per Giorgia Meloni uno spartiacque per il suo percorso politico e, soprattutto, per il suo tentativo di tenere insieme lo spirito identitario di Fratelli d’Italia ed il desiderio di accreditarsi come leader europeista e filoatlantica. Finora il gioco le era riuscito abbastanza bene. Certo qualche scivolone lo aveva compiuto, come (per ricordare i più grossi) la resistenza sul MES, la dichiarazione che non pone veti alla Lepen per le alleanze in Europa e i discorsi urlati a sostegno dell’orripilante programma elettorale di VOX , tutti Dio, patria e famiglia. Ma questi gli erano stati perdonati ed era riuscita anche ad avere un incontro con Biden, anche perché l’interesse maggiore del presidente americano in questo momento è avere un compiacente alleato nella guerra russo-ucraina, nonché di assicurarsi i voti degli italo-americani alle prossime elezioni. Gli scivoloni dei suoi luogotenenti, poi, venivano immancabilmente derubricati a gaffe, prontamente smentite e rettificate, per la serie ”sono stato frainteso”.
Il caso Vannacci è molto diverso: 1) perché le sue idee sono scritte, nero su bianco, in un libro e quindi si suppone che siano state attentamente meditate. Non è possibile perciò dire “avete capito male “ o “mi è scappata in un momento di distrazione”; 2) perché il libro è diventato immediatamente un best seller, scalando la vetta della classifica dei libri più venduti. Non si può dire, pertanto, che esprime il pensiero di un isolato estremista, ma rappresenta gli umori di una grandissima parte (forse addirittura maggioritaria) di quell’elettorato di destra che ha consegnato alla Meloni le chiavi di palazzo Chigi; 3) perché contro le idee omofobe e razziste di Vannacci si è schierato subito l’esponente più importante, dopo la Meloni, di FdI , Guido Crosetto, trovando il forte sostegno del presidente Mattarella.
A questo punto la premier non può far finta di non aver sentito. Deve fare una scelta e pagarne le conseguenze: o si schiera con il generale e i suoi sostenitori, palesi ed occulti, perdendo i voti dei moderati e, soprattutto compromettendo definitivamente il suo progetto già fragile di alleanza tra PPE e Conservatori dopo le prossime elezioni europee; oppure si schiera con Crosetto e Mattarella, abbandona definitivamente la sua reticenza sui temi del fascismo e molla i suoi impresentabili alleati europei, perdendo i consensi della estrema destra, che finora l’ha sostenuta.
La Meloni lo sa e perciò tace, fidando nel famoso motto siciliano “calati juncu ca passa la china” (calati giunco che passa la piena). Ma non penso proprio che Salvini ed Alemanno faranno passare la piena perdendo questa ghiotta occasione di dare un colpo alla loro alleata-concorrente.
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*Sergio Simeone, docente di Storia e Filosofia, è stato anche esponente del Sindacato Scuola della Cgil
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