Per il 6 febbraio la commissione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura ha convocato Michele Emiliano per discolparsi dall’accusa di “illecito disciplinare” perché “partecipa alla vita di un partito (il Pd) in forma sistematica e continuativa”. In quanto magistrato (ma in aspettativa) avrebbe “violato la norma che vieta alle toghe di fare vita attiva nelle formazioni partitiche”. L’iniziativa appare singolare perché Emiliano è stato candidato alle elezioni amministrative per il Pd nel 2004 e da quell’anno fino al 2014 è stato sindaco di Bari. Poi è stato eletto, sempre per il Pd, presidente della Regione Puglia (carica che ricopre tuttora). Ma è stato anche segretario del Pd pugliese dal 2007 al 2009 e presidente del Pd pugliese dal 2o09 al 2015. Come mai il Csm si accorge solo ora della presunta “incompatibilità”? Viene il sospetto che l’iniziativa abbia qualcosa a che vedere con il proposito, manifestato pubblicamente da Emiliano in una intervista televisiva, di candidarsi alla carica di segretario nazionale del Pd in opposizione a Matteo Renzi.
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