di LUCA DELLA MONICA -Il rinvio a data da destinarsi, in verità abbastanza singolare, della decisione della Corte Costituzionale sulla questione di legittimità dell’Italicum ha dato la stura ad iniziative di ogni tipo miranti alla modifica di questa legge elettorale, fatta approvare in parlamento da Renzi pro domo sua (quando era convinto di disporre di una solida maggioranza che gli consentisse a occhi chiusi di conquistare il premio di maggioranza).
In molti ora cercano di aggregarsi alla illusoria speranza della minoranza Pd di smontare il perverso meccanismo che lega l’Italicum alla riforma costituzionale che sarà oggetto di referendum e quindi alla speranza di barattare le modifiche dell’Italicum con un eventuale sì al referendum.
In particolare l’iniziativa è stata presa dal partitino di Alfano, alleato di governo del Pd, iniziativa che si affianca in certa misura a quella di Sinistra Italiana, che ha proposto una mozione che dovrebbe essere (ma non lo è!) vincolante per Renzi, inducendolo a cambiare la legge: cosa che lui promette a buon mercato, pronto a cambiare opinione in caso di vittoria del sì.
A questo punto c’è stata una contromossa del Movimento 5 stelle, che ha effettuato una sortita, smentendo di trovare convenienza nell’Italicum perché un ballottaggio avrebbe maggiori probabilità di vincerlo. “Secondo noi – afferma il M5s – deve essere adottato un sistema elettorale con formula proporzionale da applicarsi in circoscrizioni medio-piccole in quanto, oltre a garantire rappresentatività e vicinanza agli elettori, favorisce l’aggregazione fra le forze politiche piccole e medio-piccole, spingendole a mettere insieme le loro idee, se conciliabili, dentro forze politiche più grandi ma coese e favorisce l’omogeneità interna dei partiti e dei movimenti, disincentivando frantumazioni e scissioni”. Il modello proposto dal M5S prevede anche “modalità di espressione della preferenza da parte degli elettori”
Intanto a intervenire sulla questione è anche Ap che chiede, per bocca di Maurizio Lupi, una mozione di maggioranza (e in alternativa fa sapere che ne presenterà una propria) per cambiare la legge.
E Matteo Renzi, che si trova a New York per la seduta dell’Onu, interviene subito a mischiare le carte con la consueta furbizia: “Noi siamo totalmente disponibili – dice – a cambiare. Ma se per M5s il ballottaggio è antidemocratico, non credo che le sindache Chiara Appendino e Virginia Raggi siano d’accordo; se no non sarebbero state elette ma è un fatto di chiarezza. Ora aspettiamo Berlusconi e Salvini così tutte le posizioni sono in campo e poi faremo le modifiche”.
Naturalmente, come tutti gli italiani ben comprendono, una cosa è eleggere con il ballottaggio, senza un quorum ragionevole, un sindaco (come fu stabilito in una saggia riforma di alcuni anni fa), altra cosa è eleggere il capo del governo.
Lui lo sa, perciò si trincera dietro lo scudo che “la discussione parlamentare viene gestita dal Parlamento, il governo ha dato disponibilità a intervenire nei modi e nei tempi che il Parlamento deciderà”. Come se lui non fosse il capo del partito che ha la maggioranza (frutto del Porcellum) in parlamento!
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