Potrebbe esserci la mano dell’Isis nelle due bombe fatte esplodere ad Ankara – a tre settimane dalle prossime elezioni – contro la manifestazione pacifista indetta da alcune organizzazioni democratiche turche a sostegno della pacificazione con la minoranza curda: l’immane strage (è salito a 128 il numero dei morti accertati, a 400 il numero dei feriti) dovrebbe – nelle intenzioni dei mandanti – scoraggiare ogni speranza di riportare in quel paese (legato all’Occidente dall’appartenenza alla Nato e aspirante ad entrare a far parte dell’Europa) alla convivenza tra le varie componenti etniche. Ancora non è definitivo il bilancio di vittime delle due esplosioni di stamani vicino alla stazione della capitale turca: almeno 86 i morti e oltre un centinaio i feriti, di cui 28 gravi, secondo il ministro della Salute, Mehmet Muezzinoglu.
La Turchia è sotto shock per questo sanguinoso attacco a una folla che si stava radunando per partecipare a una manifestazione per la pace, chiedendo la fine del conflitto con il Pkk curdo. Lo stesso ministero l’ha definito un “attacco alla pace e alla democrazia in Turchia”. Indagini sono state avviate per chiarire se si sia trattato di un attentato kamikaze, come suggerito da alcuni media e ipotizzato da Kemal Kilicdaroglu, leader del principale partito di opposizione, il socialdemocratico Chp.
Il premier turco Ahmet Davutoglu ha subito convocato una riunione d’emergenza sulla sicurezza, mentre i principali leader politici hanno interrotto la loro campagna elettorale per recarsi sul luogo dell’attacco.
La manifestazione per la pace è stata annullata e gli organizzatori hanno chiesto ai partecipanti e a quelli che stavano arrivando da altre città di tornare a casa nel timore di nuovi attentati. “Stiamo assistendo a un enorme massacro. È una continuazione di quelli di Diyarbakir e Suruc”, ha denunciato il leader del partito filo-curdo Hdp, Selahattin Demirtas, riferendosi all’attentato a un suo comizio a Diyarbakir alla vigilia del voto di giugno, in cui morirono 2 persone, e a quello del 20 luglio a Suruc, con 33 attivisti diretti a Kobane uccisi da un kamikaze dell’Isis.
“Condanniamo con forza questo attacco che prende di mira l’unità. Siamo contro ogni forma di terrorismo”: così si è espresso il presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Erdogan ha deciso di annullare i suoi impegni a Istanbul, dove si trovava e oggi era atteso in due incontri, per tornare ad Ankara. Anche il principale partito di opposizione, il socialdemocratico Chp, e il partito filo-curdo Hdp hanno interrotto le iniziative odierne nell’ambito della campagna elettorale per il voto anticipato del primo novembre.
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