Il ministro Nordio, la mafia e …il traffico

di SERGIO SIMEONE*Cerchiamo di ricapitolare i contorcimenti del ministro Nordio sul tema intercettazioni telefoniche. Prima dice che i mafiosi non usano il telefono per comunicare tra di loro e che quindi è inutile ascoltare le loro telefonate. Ma subito dopo la cattura  di Messina Denaro il procuratore capo di Palermo, Di Lucia, dichiara che senza intercettazioni Messina Denaro sarebbe ancora a piede libero. Allora il ministro si affretta a precisare che le intercettazioni per i reati di mafia e terrorismo saranno mantenute e nel progetto di riforma saranno abolite quelle per reati minori, come la corruzione (!).

Ma fior di magistrati come il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo e quello emerito, Cafiero De Raho, nonché l’ex presidente dell’ANPAC Raffaele Cantone ed un attento studioso di fenomeni mafiosi come Isaia Sales ricordano  una cosa largamente acquisita per chi appena mastica questo argomento:  la mafia non è un fenomeno criminale isolabile dalla società, ma vive e  si diffonde grazie alla sua capacità di infiltrarsi in vari settori dell’economia legale e di guadagnarsi la complicità di elementi che operano negli apparati dello Stato. E  lo strumento principe di cui si serve da un bel po’ di tempo non  è la violenza, ma la corruzione.  Per cui, talvolta, proprio indagando su questo reato “minore” si scopre la presenza della mafia. Nordio allora fa un’altra concessione: oltre che per i reati di mafia, le intercettazioni saranno usate per i reati “satelliti” dell’attività mafiosa.

Dopodichè, per scrollarsi di dosso questo fastidioso assedio di magistrati e studiosi esperti di mafia, il ministro dice che i magistrati antimafia sono ossessionati dalla mafia e la immaginano molto più potente e pervasiva di quello che in effetti è.

Ma questo è l‘esatto opposto di ciò che dicono gli studiosi del fenomeno criminale, i quali vedono invece una espansione  della criminalità organizzata al di fuori del Mezzogiorno, soprattutto nelle regioni più ricche, dove lo strumento di penetrazione preferito è proprio la corruzione, quel reato minore su cui vorrebbe che si  allentasse l’attenzione dei pubblici ministeri. Allentare la presa sulla mafia è anche ciò che sconsiglia anche l’ex direttore dell’ FBI e grande amico di Giovanni Falcone, Louis Freeh, il quale avverte: la mafia è resiliente, con la cattura di Messina Denaro il lavoro non è finito.

A questo punto non ci meraviglieremmo molto se il ministro Nordio, a chi gli chiedesse qual è  il più grave problema che affligge Palermo, rispondesse come Roberto Benigni nel film Jonny Stecchino: il traffico.

*Sergio Simeone, docente di Storia e Filosofia, è stato anche dirigente del Sindacato Scuola della Cgil

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