di STEFANO CLERICI – Tutti a chiedersi adesso quale sia il machiavellico fine ultimo per cui Matteo Renzi ha usato e sta usando ogni mezzo, compreso quello di capovolgere di colpo quelle che sembravano le sue più intime convinzioni politiche, come ad esempio il “mai coi Cinque Stelle”.
Premesso che solo i gonzi possono credere che sia (o sia solo) quello di impedire, in nome del bene comune, l’aumento dell’Iva a fine anno o la pericolosa deriva di destra, dobbiamo considerare alcuni elementi. E precisamente: 1) Con il blocco della corsa alle urne non solo si è assicurato la permanenza in questo Parlamento dei suoi fedelissimi, che altrimenti sarebbero stati spazzati via nelle prossime liste elettorali targate Zingaretti, ma è riuscito a farne dei gruppi autonomi alle sue esclusive dipendenze. 2) E’ entrato astutamente, da pesante “terzo incomodo”, nel governo che, oltre al normale lavoro parlamentare, dovrà a breve fare anche le nomine nelle stanze dei bottoni che contano davvero. 3) Ha messo il cappello su quello spazio politico – quello del centro-centro – che appariva oggettivamente sguarnito (anche se è tutto da dimostrare quanto sia ancora attrattivo). 4) Si è riaffacciato sulla ribalta della scena politica, il che non è poco.
Di certo, con le sue mosse, l’Attila fiorentino, oltre all’indiscutibile aiuto nel mettere fuori gioco Salvini, ha avuto il merito di fare chiarezza. Ebbene sì, nel popolo della sinistra lui era un intruso. Ci ha messo sei anni per capirlo, nonostante glielo avessero detto in tutti i modi a suon di scoppole elettorali. Ma tant’è. Meglio tardi che mai, anche se ora raccattare e mettere insieme i cocci è un’impresa titanica.
Ma torniamo alla domanda iniziale: qual è il suo fine ultimo? I quattro punti che abbiamo elencato sono certo importanti. Ma a breve termine, nell’immediato o poco più. E poi? Tutto questo casino solo per avere un partitino che oggi i sondaggi accreditano del 4-5 per cento e che con questa legge elettorale significherebbe decimare al prossimo voto gli attuali gruppi appena costituiti?
Ecco il punto: la legge elettorale. Se – come tutto al momento lascia credere – questo Parlamento cancellerà il “Rosatellum” (cioè l’attuale legge elettorale) per sostituirla con un proporzionale puro, a quel punto a Renzi poco importerebbe delle percentuali ottenute alle urne. Purché siano “determinanti”. Vi ricorda niente Bettino Craxi “Ghino di Tacco” che con il suo Psi oscillante intorno al 10 per cento faceva il presidente del Consiglio e spadroneggiava nei ministeri-chiave e in ogni consiglio di amministrazione che conta?
Non so voi, ma personalmente vedo la prospettiva di un ritorno a quegli anni come un incubo. Non certo per i protagonisti di quella stagione politica che ci regalò anche fior di galantuomini mai troppo rimpianti. Ma per il sistema che, degenerando, ci regalò anche nefandezze inenarrabili (e non parlo solo di Tangentopoli).
Dunque, per allontanare questo spettro ci sarebbe una sola mossa da fare. Forse la più spregiudicata e machiavellica che si sia fin qui mai vista ( eh sì che ne abbiamo viste…). Ovvero quella che ciò che resta della sinistra, con chi ci sta dei Cinque Stelle, insieme (udite, udite…) con la Lega e il centrodestra, votassero una legge elettorale maggioritaria, con doppio turno alla francese o sul tipo di quella con cui si eleggono i sindaci. A quel punto, niente inciuci post-elettorali, niente possibili ricatti. Chi vince governa e se ne riparla dopo cinque anni. Così la sinistra tornerebbe a essere la sinistra e magari la destra, se vorrà vincere, non dovrà essere appiattita su Salvini.
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