L’Epatite C può essere radicalmente debellata. La Regione Friuli Venezia Giulia può seguire l’esempio virtuoso del Veneto che ha già iniziato il percorso terapeutico sanitario. I farmaci di nuova generazione consentono infatti, caso unico nella medicina, di sconfiggere una malattia in maniera definitiva dopo un ciclo terapeutico di circa un mese. I costi? Più che di costi bisogna parlare di investimenti perché l’eradicazione dell’epatite C si tradurrebbe in un sostanziale risparmio per la sanità e le famiglie.
Questo è quanto emerso, a Udine, durante l’evento “Progetto di eliminazione della epatite C in Regione Friuli Venezia Giulia”, organizzato da Motore Sanità con il contributo di Abbvie.
Nella sessione di apertura dei lavori è intervenuto Alfredo Perulli, Risk Manager ASUITs, a rappresentare l’ASUITs.
“L’eradicazione delle epatiti virali è uno degli obiettivi primari dell’OMS nell’ambito di una strategia globale che prevede il raggiungimento di tale ambizioso traguardo nel 2030. La disponibilità di nuovi farmaci antivirali ad azione diretta hanno reso possibile l’eliminazione del virus dell’epatite C in oltre il 97% dei casi.
Il percorso è però lungo e non privo di ostacoli: non abbiamo ancora dati epidemiologici pienamente affidabili per la presenza di numerosi casi ancora misconosciuti, non abbiamo al momento un vaccino che ci possa aiutare nelle strategie preventive, il costo dei farmaci, seppur in discesa, comporta stanziamenti economici importanti.
Non possiamo rinunciare alla sfida: occorre definire una strategia di intervento basata su piccoli step successivi che ci permetta di conoscere l’epidemiologia della nostra regione per estendere progressivamente il trattamento eradicante a tutti i pazienti HCV positivi. È un tema rilevante per il suo impatto sociale e sanitario tenendo conto della fattibilità e sostenibilità delle iniziative da intraprendere”.
Nella tavola rotonda dedicata all’Up to date sui risultati della cura dell’HCV in Friuli Venezia Giulia. Le possibili strategie future: obiettivo HCV 0, sono intervenuti, tra gli altri:
Roberta Balestra, Direttore Dipartimento delle Dipendenze ASUI Trieste, che ha dichiarato: “Gestiamo un ambulatorio dedicato allo screening delle patologie infettive correlate. La prevalenza dei soggetti positivi all’HCV nella nostra utenza e’ superiore al 60% e quindi molto più alta rispetto alla popolazione generale. Si deve pertanto investire molta attenzione su questo target, per diagnosticare il prima possibile la malattia e iniziare il trattamento farmacologico. A Trieste abbiamo condiviso un percorso operativo facilitato con il reparto di malattie infettive e con il centro studi fegato. I pazienti tossicodipendenti più compromessi sul piano psicofisico e meno autonomi vengono accompagnati presso i centri specialistici ospedalieri. Tutti i pazienti fanno al dipartimento dipendenze gli esami di primo e secondo livello, con una e’quipe dedicata, specializzata anche nelle attività di counseling personalizzato, finalizzato alla modifica dei comportamenti a rischio. La corretta assunzione della terapia viene sempre supervisionata dal personale infermieristico del dipartimento”.
Roberta Chiandetti, Direzione Centrale Salute, Politiche Sociali e della Disabilità, Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, ha affermato: “La Regione Friuli Venezia Giulia intende assicurare su tutto il territorio regionale la presa in carico clinico-assistenziale, in termini di accesso ai servizi, diagnosi e cura, delle persone affette da alterazione degli enzimi epatici. Nel documento “Linee di indirizzo per l’individuazione e la gestione clinico-assistenziale delle persone affette da alterazione degli enzimi epatici”, redatto dal Gruppo tecnico che costituisce la Rete Regionale Epatologica, viene disciplinata l’organizzazione assistenziale, comprendendo le etiologie riconducibili ad infezioni virali con tropismo epatico (prevalentemente virus dell’epatite A, B, C, D, E), per la quale la diagnosi precoce costituisce un fattore prognostico di estrema importanza. Anche il ruolo svolto dal medico di famiglia diventa determinante nello screening dei soggetti a rischio e nel referral dei pazienti con HCV al trattamento presso i centri specialistici di riferimento”.
Lory Crocè, Direttore Clinica Patologie del Fegato ASUI Trieste, ha sostenuto: “Lo studio Dionysos condotto a Cormons (GO) dal gruppo di lavoro coordinato dal Prof Claudio Tiribelli al quale abbiamo avuto il piacere di collaborare, seppur datato (aa 1991-2001) aveva identificato in una popolazione tra i 12 e i 65 aa una prevalenza HCV del 3 %, circa; negli ultimi anni sicuramente lo scenario è cambiato e non sono disponibili dati certi regionali. La rete epatologica regionale non potrà non porsi il problema dello screening dei soggetti a rischio e del referral dei soggetti HCV positivi ai centri specialistici deputati al trattamento. In quest’ottica diventa necessario fare il punto della situazione basandoci sulla ricognizione effettuata all’arrivo degli antivirali ad azione diretta (DAA) e sui trattamenti effettuati negli ultimi anni in cui la disponibilità dei farmaci interferon free a prezzi progressivamente decrescenti ci ha permesso di trattare un numero consistente di soggetti. Queste informazioni risultano fondamentali per potere pianificare l’operatività futura”.
Enrico Pasut, Referente Regionale SIFO. “La terapia farmacologica per l’epatite C con i farmaci antivirali ad azione diretta garantisce il raggiungimento di percentuali elevatissime di guarigione, fino oltre il 90%. Il costo diretto di acquisto di questi farmaci per il SSN si è ridotto drasticamente in questi anni, stabilizzandosi e comunque con un trend di decrescita. Questo permetterà la pianificazione di interventi di sanità pubblica quali la eradicazione dell’infezione da HCV con una stima della spesa alquanto precisa in ordine di grandezza, al fine di garantire appropriatezza di cura ed equità di accesso a tutti i pazienti. La collaborazione dei professionisti coinvolti nel percorso di cura (direzioni aziendali, medico, farmacista, infermiere, laboratori di analisi, etc) sarà decisivo per la pianificazione, operatività ,verifica e follow-up di questi interventi.”
Pierluigi Toniutto, Direttore Unità di Epatologia e Trapianti di Fegato ASUI Udine, ha dichiarato: “La prevalenza dell’infezione da HCV nella popolazione italiana è stimata essere di circa l’1-1.5%, con un gradiente crescente con l’età. I nuovi farmaci ad azione antivirale diretta consentono di guarire tutti i pazienti affetti da epatite cronica HCV relata in un tempo breve e senza effetti collaterali. Questa innovazione terapeutica rappresenta un esempio unico in medicina dove è possibile guarire definitivamente da una malattia cronica. La guarigione dalla infezione da HCV si associa ad una riduzione della mortalità per malattia epatica, dello sviluppo di epatocarcinoma e di scompenso clinico della cirrosi. A questi risultati straordinari si associa l’evidenza che la guarigione dall’infezione da HCV si associa ad una riduzione della mortalità non epato-correlata, legata alla riduzione della severità e della progressione delle patologie extraepatiche nelle quali l’infezione da HCV ha un effetto negativo, quali il diabete, alcune forme di malattia renale, alcune neoplasie del sistema linfatico e la aterosclerosi. Sino ad ora si stima che solo il 10% dei pazienti con l’infezione da HCV riceva il trattamento antivirale. Questo è dovuto principalmente a due fattori principali. Il primo è il mancato invio al trattamento di alcuni pazienti nei quali l’infezione è già nota e il secondo, molto più importante, è legato al fatto che la maggioranza dei pazienti con l’infezione non è al corrente di averla. Nell’incontro di oggi, sulla base di queste premesse, si cercherà di portare all’attenzione dei decisori istituzionali di come sia necessario iniziare a predisporre una strategia per promuovere un piano di individuazione dei pazienti con l’infezione da HCV per poterli inviare al trattamento antivirale. Le strategie da utilizzare verranno discusse in base ad elementi di fattibilità e sostenibilità, nell’ottica di poter giungere in fasi successive ad un obiettivo di sostanziale riduzione della prevalenza e/ di eliminazione della infezione da HCV nella regione FVG”.
Davide Croce, Direttore Centro di Ricerca sull’Economia ed il Management in Sanità e nel Sociale, LIUC Castellanza Varese. “Il trattamento oggi disponibile per l’eliminazione del virus da epatite C è conveniente dal punto di vista economico: infatti il costo del trattamento è molto minore dei costi che il servizio sanitario dovrebbe assumere nella stessa popolazione se non venisse trattata, addirittura il vantaggio si avvicina ai 2 miliardi di € per una cocrte di circa 70.000 persone in 15 anni se si considerano anche i costi indiretti (giornate di lavoro perse, costo degli accompagnatori familiari, ecc.). Prima trattiamo i pazienti meno rischio abbiamo di diffondere il virus nella popolazione e meno costi per il servizio sanitario: questi due assunti ci guidano in questa azione molto importante per la salute della popolazione regionale”.
Giuseppe Tonutti, Vice direttore centrale e Direttore Area servizi assistenza ospedaliera, Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, ha sostenuto: “L’avvio di un percorso di eradicazione dell’epatite C, grazie alla disponibilità di terapie efficaci che hanno ridotto significativamente i costi, è ora possibile. È importante che le aziende sanitarie entrino nell’ordine di idee di affrontare la questione con tempi e modi corretti. In questa fase uno screening di popolazione non è percorribile e neppure necessario. Ci sono infatti già disponibili molti dati che possono essere utilizzati e specifici gruppi di popolazione nei quali è proponibile effettuare l’indagine per la valutazione HCV. In particolare, nel corso dl 2019 si può partire dal personale sanitario per il quale i medici competenti sono già in grado di individuare i soggetti HCV+ e inviarli agli epatologi affinché propongano il trattamento. Dati sono già disponibili o facilmente acquisibili per i soggetti seguiti dai Servizi per le Dipendenze, mentre indagini mirate potrebbero essere proposte ai soggetti maschi omosessuali coinvolgendo le associazioni che li rappresentano. Esiste inoltre una massa di dati già presente nei Laboratori analisi che costituisce la più importante fonte d’informazione per la quale è necessario individuare una strategia che cadenzi i potenziali arruolamenti al trattamento in modo da non intasare i servizi e poter prevedere costi certi”.
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