di ENNIO SIMEONE – Sono quattro giorni che il mondo assiste allo spettacolo tragicomico di un signore di 72 anni che si comporta come uno di quei ragazzi che un tempo, nelle partitelle di calcio sui campetti di periferia, se l’arbitro gli fischiava una punizione o gli annullava un gol, si appropriava del pallone e tentava di andarsene a casa per protesta. E nessuno poteva opporsi, perché quel ragazzo era il padrone del pallone.
Ma il signore di 72 anni, che si è comportato come quel ragazzo, non è il padrone del pallone, anche se, fino a ieri, tale si sentiva… nella qualità di presidente del più potente Stato al mondo. Si chiama Donald. Dice che in suo concorrente, Joe, ha truccato le schede di alcuni milioni di americani per batterlo alle elezioni. Come Joe abbia potuto farlo non lo spiega e nemmeno vuole spiegarlo: perché non può spiegarlo, per il semplice motivo che non è vero. Infatti la Commissione elettorale, dopo aver ascoltato anche la focosa arringa del suo avvocato difensore (il celebre italo-americano Rudolph Giuliani, che è stato anche uno dei più bravi e popolari sindaci di New York), non ha potuto far altro che dargli torto, magari a malincuore.
Donald, dunque, deve sgomberare la Casa Bianca. Ha due mesi di tempo per fare i bagagli. E nel frattempo ripetere all’infinito “Ho vinto io! Ho vinto io!”.
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