Il post trapianto in Italia: dall’aderenza alla continuità terapeutica sino alla sostenibilità del sistema salute. Confronti in Veneto, Lazio e Puglia promossi da “Motore Sanità”

 Nel 2019 i trapianti di fegato e rene in Italia sono stati rispettivamente 1.302 e 2.137, con un aumento del 42% rispetto al 1999 (CNT, 2019). I dati indicano come il trapianto rappresenti una cura d’elezione nelle insufficienze d’organo terminali. Nel percorso di cura del paziente trapiantato, il post trapianto rappresenta un momento fondamentale per la tutela della sua salute a lungo termine. Con lo scopo di mettere a confronto clinici, istituzioni e pazienti su questo tema delicato per cercare soluzioni condivise che coniughino l’appropriatezza delle cure, la sostenibilità dei sistemi assistenziali e i benefici di salute per i pazienti, Motore Sanità ha organizzato una serie di confronti multidisciplinari in Veneto, Lazio e Puglia dal titolo “Il post trapianto e le sue criticità: dalla governance clinica alla sostenibilità economica”.

Fondamentale diventa il dover ottimizzare l’integrazione ospedale-territorio, rafforzando le capacità territoriali e la formazione del personale specialistico e infermieristico al fine di garantire una costante comunicazione e collaborazione con i Centri periferici. Per garantire l’appropriatezza delle cure, un monito importante arriva da Franco Citterio, Direttore UOC Trapianti di rene del Policlinico Gemelli, Roma, il quale ha detto:  «L‘assunzione della terapia immunosoppressiva richiede una serie di attenzioni: la prima è che la terapia immunosoppressiva deve essere assunta per tutta la vita. Alcuni pazienti dopo un certo numero di anni sono convinti di non aver più bisogno della terapia immunosoppressiva e di poter decidere di ridurre le dosi fino a sospendere la terapia. In questi casi entro sei mesi il paziente può perdere l’organo trapiantato, perché il sistema immunitario, non più controllato dalla terapia, inizia una reazione di rigetto. Un altro punto importante è il periodico controllo dei livelli dei farmaci immunosoppressori nel sangue, perché la stessa dose non è adeguata a tutti i pazienti. L’assorbimento e il metabolismo del farmaco all’interno del nostro organismo hanno una grande variabilità interindividuale ed è quindi necessario che ogni paziente abbia una terapia personalizzata, con controlli dei livelli ematici periodici per tutta la vita. Solo attraverso la costante assunzione dei farmaci immunosoppressori e il controllo periodico della funzione renale e dei livelli ematici dei farmaci è possibile un successo duraturo del trapianto di rene». 

Un discostamento dalle linee guida cliniche può comportare una serie di eventi avversi tali da inficiare l’intero percorso di cura. Nella presa in carico del paziente nel post-trapianto un ruolo importante è svolto dal farmacista, chiamato non solo a garantire gli obiettivi di sostenibilità economica ma anche a tutelare la continuità delle cure ospedale-territorio, salvaguardando la salute del paziente. 

Rossella Moscogiuri, Direttrice della struttura complessa di farmacia del Santissima Annunziata e Direttore del Dipartimento Farmaceutico della ASL di Taranto, ha affermato: «Il farmacista, quale esercente la professione sanitaria, riveste un ruolo nella catena diacronica di professionisti coinvolti nel percorso terapeutico del paziente trapiantato che implica precipue responsabilità medico legali ai sensi della Legge Gelli-Bianco. Il professionista esprime il proprio livello d’intervento, in cui sono individuabili gli ambiti di responsabilità, sia all’atto della dispensazione che nell’organizzazione delle gare. Sia nell’uno che nell’altro caso le decisioni non possono e non devono, per evidenti ragioni etiche e deontologiche, ispirarsi alla logica del costo più basso ma a quello dell’outcome del mancato rigetto, in questo particolare ambito clinico, indicatore di successo della terapia. La presenza di specialità equivalenti nell’arsenale terapeutico dei pazienti trapiantati non è assimilabile a quella di altri ambiti clinici in cui questa rappresenta una grande opportunità per liberare risorse, ma è da considerarsi alla luce delle conseguenze dannose che potrebbero derivare da un non medical switch, dettato da ragioni di costo, di farmaci immunosoppressivi con ristretto indice terapeutico. Il farmacista deve essere al fianco degli specialisti nel tutelare da rischi di cambiamento i pazienti già in trattamento clinicamente stabili. Lo scopo di realizzare modesti risparmi per le differenze fra i prezzi di acquisto di principi attivi immunosoppressivi non può sopravanzare il fondamento etico di evitare il rigetto dell’organo con inevitabile ritorno alla dialisi». 

La sostenibilità del sistema sanitario deve rapportarsi con il percorso del paziente trapiantato. Il costo medio complessivo del trapianto di rene, ad esempio, in Italia è stimato essere per ciascun paziente trapiantato nell’intero periodo di osservazione di € 95.247, di cui € 52.543 per il trapianto, pari al 55,2% del totale (Indagine Censis, SIN 2012-2013). Il trapianto rappresenta quindi un grande investimento sostenuto dalla sanità pubblica non solo in vista dei benefici per la salute del paziente trapiantato ma anche economici per il sistema quando il percorso di cura del paziente trapiantato è preservato.

Nell’epoca della pandemia, nonostante la grande attenzione e l’impegno degli specialisti del settore, si è assistito ad una contrazione dei sistemi di monitoraggio dello stato di salute del paziente. Un appello urgente rivolto a tutti e, in particolare alle Istituzioni, per garantire i diritti insostituibili del paziente trapiantato, arriva da Giuseppe Vanacore, Presidente A.N.E.D., il quale ha detto: «A partire dai primi provvedimenti emergenziali per fronteggiare la pandemia, ANED ha sostenuto che non era possibile semplicemente interrompere le attività cosiddette di routine, perché per le persone trapiantate sono fondamentali per la salvaguardia dell’organo trapiantato e per evitare l’insorgere di patologie che potrebbero incidere negativamente sulla salute del trapiantato. Per questo abbiamo proposto la revisione delle procedure di prenotazione, l’intervento sugli organici nel quadro delle annunciate nuove assunzioni, l’impiego ove possibile della telemedicina e infine la creazione di corsie preferenziali per i pazienti cronici, in attesa di trapianto e trapiantati, con slot concordati per le visite. È necessario che tutte le persone trapiantate, e ancor più quelle in attesa di trapianto, siano vaccinate con priorità e in sicurezza, già a partire da questa prima fase. La mortalità tra i trapiantati contagiati supera il 30% e in alcuni casi raggiunge e supera il 50%. Il trapianto è uno dei più grandi successi della medicina degli ultimi 50 anni, ed ha consentito la vita, o una migliore qualità di vita, a decine di migliaia di pazienti nel nostro Paese, non possiamo permetterci che siano lasciati indietro». 

Commenta per primo

Lascia un commento