di FEDERICO BETTA – Gran parte dei cittadini romani hanno probabilmente sentito parlare dell’artista sudafricano William Kentridge chiedendosi cosa fossero quelle grandi immagini tratte dalla storia della città incise sui muraglioni del Tevere.
Triumphs and Laments è un’opera site-specific mastodontica del 2018, ricavata pulendo parte della sporcizia sulle pareti del fiume, che oggi è stata quasi completamente riassorbita dalle nuove incrostazioni del tempo.
Di tutt’altro carattere è l’opera video/musicale/teatrale presentata nella Sala Petrassi dell’Auditorium Parco della Musica per il Romaeuropa Festival 2022. O Sentimental Machine è un concerto live, per archi, tastiere, strumenti dalla tecnologia retro’ e voci, intrecciato a un’animazione video e a un musicista/recitante che duplica sé stesso come fosse il fantasma di una memoria distorta.
Dalla storia di Roma siamo passati alla rivisitazione dell’”uomo nuovo” sovietico che, forte dell’innovazione tecnologica, vede trasformate le grandi speranze della rivoluzione d’ottobre nell’orrore di purghe e processi contro ogni disfattismo. Con uno stile da fumetto fantascientifico, fatto di figurine intagliate nei giornali e lettering costruttivista, l’autore gioca con gioia e umorismo svelando un doppio di crudeltà e ferocia.
L’opera di Kentridge (realizzata con il compositore francese François Sarhan) appare molto diversa dall’effimera contro-pittura sulla storia romana, ma ne conserva un malinconico sapore: da una parte troviamo la perdita delle magnificenze dell’impero, dall’altra il sogno di un futuro radioso trasformato in incubo. E se il finale con la veglia funebre del cadavere di Iosif Stalin sulla Piazza Rossa potrebbe sembrare un’agiografica nostalgia per il grande condottiero, rimane fervente il sentimento scaturito da una scritta sempre presente in ogni animazione dell’opera: “The shadow of a shadow”, l’ombra di un’ombra. Come se l’ambizione umana a superare la caducità del tempo non fosse che il desiderio di un Icaro senza speranza. Che non può che sparire nuovamente dietro i muschi inquinati di una parete metropolitana.
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