Per un paio di giorni in Italia le polemiche politiche, le sparate giornalistiche e le tenzoni televisive si sono concentrate sul problema dello smaltimento dell’immondizia, soprattutto al Sud, perché i partecipanti alle maratone mediatiche hanno potuto usare l’argomento per alimentare il tema delle divisioni tra i due partiti del governo giallo-verde.
Ma come stanno le cose in materia?
A spiegarlo molto bene – sia pure con la sua consueta verve polemica, che può anche non piacere ad alcuni ma è suffragata sempre da una puntuale documentazione – è Marco Travaglio sul Fatto quotidiano di oggi.
Travaglio rileva che il segretario della Lega e vice presidente del Consiglio, Matteo Salvini – accortosi che «i migranti non tirano più» – è alla ricerca di nuovi terreni di propaganda dove può incontrare consensi nell’area di destra. In che modo?
Il primo esempio riguarda il Treno ad alta velocità Torino-Lione: «Ha preso a delirare di “completare la Tav Torino Lione”, senza sapere bene cos’è (un treno merci: il Tav) e che non c’è nulla da completare, perché i lavori non sono neppure iniziati (se avesse interpellato i suoi deputati piemontesi Alessandro Benvenuto ed Elena Maccanti, l’uno presidente della commissione Ambiente e Lavori pubblici e l’altra capogruppo in commissione Trasporti, gli avrebbero ripetuto ciò che hanno detto un mese fa: “Vanno sospesi i bandi di gara per l’appalto del tunnel di base in attesa dell’analisi costi-benefici: se dimostrerà che i costi superano i benefici, ne trarremo le conseguenze”».
Il secondo esempio riguarda appunto lo smaltimento dei rifiuti, che – fa notare Marco Travaglio – secondo Salvini «va risolta in quattro e quattr’otto con nuovi inceneritori (che, anche cominciando subito i lavori, sarebbero pronti fra 7-8 anni). E lui ripete a pappagallo, citando il modello di Brescia (il più grande e più cancerogeno inceneritore d’Italia) e scordandosi il contratto di governo che s’ispira al modello opposto, quello di Treviso. Qui nel 2010 il primo consigliere dei 5Stelle in un capoluogo, David Borrelli, fece approvare alla Lega un ordine del giorno anti-inceneritori. Con risultati strepitosi. Treviso ha chiuso i due termovalorizzatori e produce 386 kg di rifiuti pro capite (contro una media italiana di 497 ed europea di 477), con una differenziata dell’85% e una tassa rifiuti di 185 euro pro capite (la media nazionale è 304). Merito della Lega, che seguì sulla strada dei “rifiuti zero” i neonati 5Stelle, quando la Provincia era guidata da Luca Zaia, ora governatore del Veneto. E anche di Laura Puppato, allora sindaca Pd di Montebelluna, e della sua consulente Paola Muraro (poi assessore della giunta Raggi, costretta alle dimissioni da una campagna di stampa oscena e da un’inchiesta della Procura di Roma basata sul nulla)».
«Ancora il 10 marzo 2017 Salvini – ricorda Travaglio – elogiò pubblicamente i suoi consiglieri regionali umbri Fiorini e Mancini, che si battevano “contro l’inceneritore di Terni voluto da Renzi”, con mega-manifesti (“Ambiente e salute, non mandiamoli in fumo”): “Grazie per quello che state facendo dentro il palazzo, da fuori mi arrivano tante testimonianze di fiducia e solidarietà. Grazie Lega, perché sulla salute non si scherza, ci sono in ballo posti di lavoro, c’è in ballo la salute di tanti figli”.
Lo stesso accadeva l’anno prima in Lombardia, dove l’assessore all’Ambiente, la leghista Terzi, si batteva non solo contro la costruzione di nuovi termovalorizzatori, ma addirittura per smantellarne di già esistenti (“rivedere tutta l’impiantistica”). Idem in Toscana, col no dei leghisti agli inceneritori di Firenze e Grosseto. E pure in Liguria, dove Edoardo Rixi, oggi viceministro delle Infrastrutture, tuonava contro il progetto dell’inceneritore Scarpino a Genova: “La decisione dei politicanti di centrosinistra sul termovalorizzatore vuole aiutare i compagni Bassolino e D’Alema a risolvere i problemi delle discariche sature nel Mezzogiorno. Ma non tiene conto delle decine di migliaia di cittadini che subiranno danni alla salute”».
«Naturalmente – conclude il direttore del Fatto quotidiano – negli ultimi giorni, mentre Salvini cancellava dieci anni di battaglie, nessuno di questi impavidi combattenti ha fiatato. Ma l’han fatto per loro migliaia di militanti, tempestando di proteste i suoi social. I suoi bravi comunicatori gliel’han fatto notare. E lui, che ne è succube, ha prontamente rinculato, cedendo a Di Maio e Conte sulla Terra dei fuochi e tornandosene da Caserta a Roma con la coda fra le gambe. Il che dimostra che non bisogna mai sopravvalutare nessuno, neppure Salvini. E che gli elettori sono sempre più avanti degli eletti, persino nella Lega».
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