Si è arreso dopo 8 ore di trattative Francesco Amato, l’ imputato condannato pochi giorni fa a 19 anni nel maxi-processo di ‘ndrangheta “Aemilia“ (foto), da allora irreperibile, che si è asserragliato dentro l’ufficio postale di Pieve Modolena, frazione di Reggio Emilia, con un coltello, prendendo in ostaggio 5 impiegate, tra le quali quali la direttrice, dopo aver fatto uscire tutti i clienti. Liberate anche le impiegate tenute in ostaggio.
Tra i clienti che stamattina erano presenti nell’ufficio postale al momento dell’arrivo di Amato c’era anche la figlia della direttrice, che è riuscita a scappare. E’ stata lei, secondo quanto si apprende, a dare l’allarme ai carabinieri. La ragazza, 22enne, ha raccontato che si era recata nell’ufficio per portare un pacco alla madre quando l’uomo ha fatto irruzione, gridando “vi ammazzo tutti”. I carabinieri, giunti subito sul posto, hanno chiuso le strade e hanno avviato trattative con Amato, nei cui confronti pendeva un ordine di carcerazione. Dopo un paio d’ore una delle cinque impiegate prese in ostaggio è stata fatta uscire dalla filiale. Appena fuori, la donna ha avuto un mancamento ed è stata soccorsa dal personale del 118.
Amato – che stamattina aveva chiesto di parlare con il ministro dell’Interno Matteo Salvini – è stato portato in caserma. Al momento della sua uscita dall’ufficio postale, alcuni suoi parenti lo hanno applaudito, accusando “i giudici di averlo portato a questo“. Prima della resa i familiari dell’uomo, sopraggiunti nei pressi dell’ufficio postale, avevano parlato di una “condanna ingiusta”: “Bisogna dire la verità: lui non è entrato lì dentro per fare male, ma è entrato solo per dire che 19 anni non se li merita“.
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