di FEDERICO BETTA – Giunto alla sua quarta edizione, Dominio Pubblico si conferma uno dei festival più vitali e propulsivi della capitale. Dal 30 maggio al 4 giugno, negli spazi del Teatro India, prende vita un festival multidisciplinare, che unisce teatro, danza, performance, audiovisivi, musica e arti visive. Uno sguardo attento agli artisti italiani più giovani, uno spazio che vede gli under 25 nel ruolo di autori e interpreti, ma non solo. Una delle grandi innovazioni di Dominio Pubblico è infatti che, oltre a predisporre gli incontri e laboratori con gli artisti, un gruppo di giovani si occupa anche della gestione del Festival dal punto di vista logistico, organizzativo e comunicativo. Un bell’esempio di professionalità, in un tempo dove il teatro e il mondo dell’arte in generale sembrano essere sempre più lontani dalla possibilità di diventare un lavoro. Una testimonianza concreta e gioiosa che zittisce le inutili chiacchiere che tendono a sminuire la capacità progettuale e concreta delle giovani generazioni. (www.dominiopubblicoteatro.it)
Nel primo giorno d’inaugurazione del Festival, nella bellissima arena esterna del Teatro India, è andato in scena lo spettacolo La rivoluzione è facile se sai come farla di Kepler-452, con le musiche degli Stato Sociale. Sul palco Lodo Guenzi, leader e cantante del gruppo, insieme a Nicola Borghesi, che ha curato anche la regia, e Paola Aiello.
Una domanda guida il testo: “È possibile oggi, qui, per noi, immaginare una rivoluzione? Se sì, quale?”. La risposta è affidata a tre personaggi principali, tre storie di questi tempi: un aspirante scrittore che vive al bar tra birrette, amici, Tavor e crisi di panico; un editore rampante, che venera un unico scrittore guru e detesta tutto il resto del mondo; una drammaturga con tanto talento incastrata in un sistema obsoleto che continua a tarparle le ali. Accanto a queste storie, c’è un personaggio che vola sopra gli altri, una figura che racchiude l’insieme di tutte le loro voci, che parla di rivoluzione, di corpi, di città ideali, di leggi facili, di costituzioni felici, dove l’unico divieto è “andare in kayak il giovedì” e, soprattutto, del fatto che “sta per succedere qualcosa”.
Uno spettacolo sporco nel senso più bello, disomogeneo forse, ma vitale, vero, urlato, tenero, ironico. Una performance che fa saltare e vivere in scena una generazione che si prende in giro, che si conosce a memoria, che gioca con sé stessa, col proprio orgoglio e le proprie debolezze. Insieme alla bellezza, intesa come energia viva e pulsante degli interpreti, uno dei punti di forza del lavoro è una scrittura che non diventa mai pretenziosa, ma rimane ancorata alle proprie necessità, alle proprie urgenze con tutta la tenerezza di fragili utopie e di una struggente disperazione da bar.
Forse l’unica nota stonata del lavoro è nel tentativo di legare i fili in una storia completa, con un inizio e una fine, come se bisognasse sempre tornare a capo per guardare tutto dall’alto. Non se ne sentiva certo il bisogno, la rivoluzione, si sa, non serve a riappacificare gli animi.
La produzione dello spettacolo, dicevamo, è di Kepler-452, un gruppo che da quattro anni gestisce un altro Festival che, insieme a Dominio Pubblico, si inserisce tra gli esperimenti più interessanti degli ultimi anni: il Festival 20 30, che si tiene a Bologna nel mese di novembre.
Forse un pezzo di rivoluzione è già in atto! Un applauso a questa generazione che lotta contro pregiudizi e ristrettezze, affermando continuamente la propria voglia di fare, ribaltando la staticità della situazione attuale.
Commenta per primo