di ENNIO SIMEONE – Immagino che questa settimana saranno molti gli appassionati del gioco del Lotto (abituati ad affidare le loro speranze all’abbinamento dei numeri agli eventi reali più che ai sogni) a puntare sul numero 71, che la “smorfia”, cioè la cabala partenopea, associa all’omm’e merda.
Perché? Semplice: perché in queste ultime giornate se ne sono avvicendati alla ribalta delle cronache politiche nazionali alcuni di grosso peso e di ampia frequentazione televisiva, che hanno avuto comportamenti assimilabili alla definizione che associa quel numero alla realtà.
C’è stato quello del politico nordico che è apparso, come di consueto, in tutti i telegiornali pubblici e privati, in tutti i talk show televisivi, in tutte le piazze, proclamando lotta aperta ad ogni futuro aumento delle tasse nei prossimi 6 anni e, come se non bastasse, pretendendo di avere il rilascio di una promessa scritta dall’attuale capo del governo…anche a nome, quindi, dei futuri capi di governo. Omm’e merda?
Qualche dubbio potrebbe sorgere. Perché? Perché anche il capo del governo attuale, nella circostanza, non sarebbe stato da meno, promettendogli di esaudirne la richiesta e anzi promettendogli addirittura (sempre che sia vero, ma smentite non ce ne sono state) di incontrarlo ogni settimana per i mesi a venire. Intestare anche al suo comportamento il numero 71? Qualcuno sarà tentato di farlo. Speriamo che a voi non accada.
Ma forse non ne avrete il tempo perché intanto spuntano alla ribalta altri pretendenti al 71 della “smorfia”. Troviamo in prima linea un eurodeputato, eletto all’europarlamento con i voti degli elettori Pd, che, pochi giorni dopo quella elezione, uscì dal Pd (ma non dall’europarlamento) e fondò un partito personale chiamato “Azione” in concorrenza con il partito che lo aveva eletto. Costui, con il simbolo di “Azione”, si è candidato questa volta alla carica di sindaco di Roma imperversando con la sua propaganda su tutte le compiacenti tv italiane, tant’è che i cittadini romani hanno rischiato di trovarselo in ballottaggio per la carica di sindaco. Ma, poiché il colpo non è andato a segno, si è investito del diritto di ingiungere al candidato del Pd di promettere agli elettori della capitale che, nel caso di elezione a primo cittadino della capitale, non inserisca nella giunta nessun assessore proveniente dal Movimento Cinquestelle: in caso contrario ordinerà ai suoi elettori di non dargli il voto. Costui è lo stesso che aveva proclamato: “nessun candidato può arrogarsi il diritto di spostare i propri elettori come se fossero un branco di pecore”.
Perciò noi abbiamo il diritto di considerarlo un candidato a pieno titolo al numero 71 se questo onore non gli fosse stato subito strappato dal destinatario del suo ostracismo, cioè il candidato del Pd, che, invece di mandarlo a quel paese, si è subito prostrato all’ingiunzione e gli ha giurato di ubbidire al suo diktat. A costui va il 71 ad honorem. E forse, come premio di consolazione, una candidatura bisogna riservarla anche al neosegretario del Pd (per omissione di intervento).
Per quest’ultima ragione un elettore della Capitale, come il sottoscritto, che dal 1967 ha votato sempre Partito Comunista (fino a quando è esistito) e poi Partito Democratico, al ballottaggio non andrà a votare.
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