di MARIO MEDORI/ E’ durato più di 8 ore è l’interrogatorio di Giovanni Toti presso la caserma della Guardia di finanza di Molo Giano, ovvero: proprio all’interno di quel porto di Genova al centro dell’inchiesta che ha travolto la Regione Liguria. Il governatore, agli arresti domiciliari con l’accusa di corruzione e falso, ha risposto a ben 180 domande da parte dei pubblici ministeri Federico Manotti e Luca Monteverde. Era presente anche il procuratore aggiunto Vittorio Ranieri Miniati. In una memoria di 17 pagine, il presidente della Regione Liguria spiega: “Ogni euro incassato ha avuto una destinazione politica: nessun contributo ha prodotto arricchimento o utilità personale a me, agli altri appartenenti al mio partito o a terzi privati”.
La domanda sui rapporti con Aldo Spinelli. Poi alla domanda se ha ricevuto finanziamenti dall’ex patron di Genoa e Livorno, Toti ha risposto: “Non lo ricordo ma è possibile. Il gruppo Spinelli ha cominciato a sostenere i miei comitati politici dal 2015 e questo rapporto è durato fino a ora”. Rivolto ai magistrati, il presidente della Regione Liguria nella memoria difensiva ha scritto come prologo: “Non è mia intenzione sottrarmi al vostro esame, ma oggi, così come in futuro, vi è da parte mia la ferma volontà di collaborare, con trasparenza ed onestà, alla ricostruzione della verità nel supremo interesse della giustizia, per restituire alla mia figura di uomo e di servitore dello Stato la dignità che ho costantemente cercato di preservare”.
Le ulteriori precisazioni di Giovanni Toti. Il governatore ha aggiunto: “Ogni dazione di denaro è stata accreditata con metodi tracciabili e rendicontata. Del pari tutte le spese sostenute sono state rendicontate e pubblicizzate in termini di legge e anche oltre. I bilanci e i rendiconti sono stati (e sono ancora) pubblicati sui siti internet delle organizzazioni politiche a mio sostegno. Nell’ordinanza di custodia cautelare così come nell’intero impianto accusatorio si analizza solo una limitatissima parte dei rapporti tra amministrazione, presidente, e mondo del lavoro e delle imprese. E di tale limitatissima parte si fa paradigma per tutto il resto. Al contrario, l’atteggiamento e l’animus dei rapporti e dei contesti analizzati dovrebbe invece essere esaminato e interpretato alla luce della generalità e molteplicità dei rapporti di un lunghissimo periodo”.
Il voto di scambio. Per quanto riguarda questo punto, Toti nella sua memoria difensiva scrive: “E’ da evidenziare che vinsi le elezioni con circa 380mila voti. Il sostegno della Comunità riesina si sostanzia, nelle indagini, con una certa approssimazione, di 400 voti, giusto per proporzione e per capire che l’apporto non è tale da turbare l’equilibrio democratico del voto, per altro particolarmente irrilevanti nel caso del candidato, Ilaria Cavo, a cui viene attribuito il mio appoggio. I fratelli Testa, Arturo e Maurizio, venivano presentati come attivisti politici con incarichi in Regione Lombardia da due onorevoli. Nel loro curriculum vi erano incarichi politici legati alla giunta regionale lombarda. Entrambi gli onorevoli (Sorte e Benigni) ne garantivano le qualità personali”. Sull’inchiesta che ha travolto la Regione Liguria sono attesi nuovi sviluppi nei prossimi giorni.
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