Incredibile! La Corte di Cassazione francese ha negato l’estradizione in Italia dei 10 brigatisti italiani arrestati per i crimini commessi nel nostro paese

Le foto Ansa dei 7 ex brigatisti arrestati in Francia.
Prima fila (da sinistra): Giorgio Pietrostefani, Marina Petrella ed Enzo Calvitti;
Seconda fila  (da sinistra): Roberta Cappelli, Sergio Tornaghi, Narciso Manenti, Giovanni Alimonti. 

Dalla Corte di Cassazione francese arriva  un no alla richiesta italiana di estradizione dei 10 ex terroristi “rossi” italiani che si trovano tuttora in Francia. Ad annunciarlo è la stessa Corte suprema, che ha respinto “tutti i ricorsi presentati dal Procuratore” contro la decisione della Corte di Appello di Parigi, che a fine giugno aveva  deciso per il no alla richiesta dell’Italia.

Le domande di estradizione riguardavano l’ex di Lotta Continua Giorgio Pietrostefani, tra i fondatori dell’organizzazione, ottantenne e da  tempo malato, condannato a 22 anni come uno dei mandanti dell’omicidio del commissario Luigi Calabresi; sei ex militanti delle Brigate rosse: Giovanni Alimonti (classe ’55) che deve ancora scontare 11 anni per  banda armata e associazione terroristica, Roberta Cappelli (classe  ’55) che ha una condanna all’ergastolo per associazione con finalità  di terrorismo, concorso in rapina aggravata, concorso in omicidio  aggravato, attentato all’incolumità, Marina Petrella (classe ’54), che deve scontare l’ergastolo per omicidio, Sergio Tornaghi (classe ’58),  condannato all’ergastolo per l’omicidio di Renato Briano, direttore  generale della Ercole Marelli, Maurizio Di Marzio (classe ’61), che  deve scontare 5 anni per tentato sequestro dell’ex dirigente della  Digos di Roma, Nicola Simone, Enzo Calvitti (classe ’55), che deve  scontare 18 anni, 7 mesi e 25 giorni e 4 anni di libertà vigilata per  i reati di associazione sovversiva, banda armata, associazione con  finalità di terrorismo, ricettazione di armi; l’ex militante di  Autonomia Operaia Raffaele Ventura (classe ’52), condannato a 20 anni  per concorso morale nell’omicidio a Milano del vicebrigadiere Antonio  Custra; l’ex militante dei Proletari armati per il comunismo (Pac)  Luigi Bergamin (classe ’48), che deve scontare una condanna a 25 anni  per associazione sovversiva, banda armata e concorso in omicidio; l’ex membro dei ‘Nuclei armati contropotere territoriale’ Narciso Manenti  (classe ’57), che ha una condanna all’ergastolo per l’omicidio  aggravato dell’appuntato dei carabinieri Giuseppe Gurrieri,  assassinato a Bergamo il 13 marzo 197

Il commento del ministro Nordio

Ho vissuto da pubblico ministero in prima persona quegli anni drammatici e oggi il mio primo commosso pensiero non può che essere rivolto a tutte le vittime di quella sanguinosa stagione e ai loro familiari, che hanno atteso per anni, insieme all’intero Paese, una risposta dalla giustizia francese” – così ha commentato il ministro della Giustizia, Carlo Nordio – “Faccio pertanto mie le parole di Mario Calabresi, figlio del commissario ucciso 51 anni fa, nella speranza che chi allora non esitò ad uccidere ora ‘senta il bisogno di fare i conti con le proprie responsabilità e abbia il coraggio di contribuire alla verità’“.

Mario Calabresi ha affermato: Pensate al danno sproporzionato che loro hanno fatto uccidendo dei mariti e padri di famiglia

Era un’illusione aspettarsi qualcosa di diverso e (parere personale) vedere andare in carcere queste persone dopo decenni non ha per noi più senso. Ma … c’è un dettaglio fastidioso e ipocrita: la Cassazione scrive che i rifugiati in Francia si sono costruiti da anni una situazione famigliare stabile (…) e quindi l’estradizione avrebbe provocato un danno sproporzionato al loro diritto a una vita privata e famigliare. Ma … pensate al danno sproporzionato che loro hanno fatto uccidendo dei mariti e padri di famiglia. E questo è ancora più vero perché da parte di nessuno di loro c’è mai stata una parola di ravvedimento, di solidarietà o di riparazione. Chissà…”. Lo scrive sui social Mario Calabresi, figlio del commissario Luigi Calabresi, assassinato nel 1972 da un attentato terroristico di estrema sinistra, commentando la decisione dei giudici francesi.

Ormai sono passati più di 47 anni, la pena in sé mi interessa fino a un certo punto. Trovo anche giusto ciò che ha fatto la Cassazione francese. Bisognerà ragionare nei termini di restituire un po’ di verità sulle vicende: la vera partita non è l’estradizione quanto misurare se queste dieci persone daranno un contributo per capire quanto è successo in quegli anni“. Così Alberto Di Cataldo, figlio di Francesco, il maresciallo ucciso a Milano dalle Br il 20 aprile1978.

È una vergogna che non ha fondamento giuridico. Io e la mia associazione facciamo appello al ministro Nordio affinché la giustizia italiana intervenga. E chiedo alla Francia: se fosse successa la stessa cosa al contrario con le vittime del Bataclan?“. Così Roberto Della Rocca, uno dei sopravvissuti agli attentati delle Brigate rosse, commenta la sentenza della Cassazione francese, che ha confermato il rifiuto della Francia all’estradizione dei dieci ex Br. Della Rocca, che è anche presidente dell’Associazione nazionale vittime del terrorismo, lavorava per Fincantieri nel 1980 quando fu ferito a Genova durante un attentato delle Br.

Non avevo molta fiducia sull’esito di  questa decisione da parte della Cassazione francese. In Francia c’è  stata una politicizzazione, una strumentalizzazione politica per  tutelare chi ormai vive là da decenni“. Così Cristian Iosa, figlio di Antonio Iosa, ex esponente  della Dc gambizzato dalle Brigate Rosse a Milano il primo aprile 1980.

Sconcertante decisione della Cassazione francese. Respingono i bambini immigrati alle frontiere ma coccolano gli assassini brigatisti“, si afferma in una nota della Lega.

 

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