di ENNIO SIMEONE – Renzi paga le sue sparate, molto propagandistiche per fini interni, contro “l’Europa dell’austerità” e nel vertice di Bratislava (il primo con l’Ue a 27 stati, cioè senza la Gran Bretagna) è stato mollato non solo da duo Merkel-Hollande ma anche dagli altri 24 paesi, perché hanno intuito che voleva farsi riconoscere altri e più ampi margini di flessibilità nei conti pubblici per largheggiare in promesse elettorali e nuovi impegni di miliardi da elargire in cambio di un sì al referendum costituzionale.
E allora si è giocata la carta del “ribelle” anti-austerity non partecipando alla conferenza stampa congiunta e tenendone una solo lui con i giornalisti italiani, ai quali ha detto: “Non sono soddisfatto delle conclusioni del vertice su crescita e immigrazione. Per questo non posso fare una conferenza stampa con Merkel e Hollande”. “Non devo fare una recita a copione per far vedere che siamo tutti uniti”.
E mentre al piano terra del centro congressi di Bratislava la cancelliera tedesca e il presidente francese in conferenza stampa congiunta ricompattavano il vecchio schema franco-tedesco e assicuravano che lo spirito del summit è “la collaborazione”, lui sparava a zero sull’ennesima occasione mancata per l’Europa, affermando che “l’Ue rischia molto se non cambieranno le politiche sull’economia e l’immigrazione”.
In particolare sul problema migranti Renzi si è sentito isolato (come era prevedibile di fronte alle sue posizioni sprezzanti) e ha detto che “definire il documento di oggi sui migranti un passo avanti richiede una fantasia degna dei funamboli da vocabolario”. Ha affermato: “Si sono ridette le solite cose e io gliel’ho detto molto chiaramente: non potete pensare che con l’accordo con la Turchia avete risolto tutti i vostri problemi”.
Ora il capo del governo italiano, vistosi alle strette, si fa sostenitore finalmente di una linea che da molto tempo gli viene sollecitata. Infatti nella conferenza stampa ha ammesso che “l’unica cosa che fa la guardia costiera europea non può essere portare i migranti in Sicilia” e invece ha richiesto che “l’Ue deve fare accordi con i Paesi africani. Oppure – ma minacciato, pericolosamente – li facciamo da soli”. Ma non si ottiene alcun risultato se in Europa ci si presenta con una presuntuosa contrapposizione, anziché con spirito collaborativo. Il suo occhio à sempre puntato al referendum affermando che “le rigidità europee non impediranno al governo di continuare ad abbassare le tasse, così come di mettere in sicurezza le scuole italiane”, con un aggancio propagandistico che può dare solo fastidio agli leader europei, non disposti a farsi strumentalizzare da frasi come questa: “Se l’Europa deve riavvicinarsi ai cittadini non può essere quel soggetto che mi impedisce di intervenire in edilizia scolastica”. Un tentativo sgradevole di scaricare sull’Europa la colpa se lui non investe sulla sicurezza edilizia e preferisce elargire i soldi ai benestanti sgravandoli dell’Imu.
Peggio ancora: ha lanciato alla Germania l’accusa di non rispettare le regole sul “surplus commerciale”.
E in un’altra sala, a Bratislava, Merkel e Hollande ripetono più o meno una scena del 2011 in cui c’era Sarkozy al posto di Hollande. Ma lo scambio di occhiate stavolta non era di ammiccante sorrisetto, come lo fu nei riguardi di Berlusconi. Piuttosto era di intesa punitiva.
Commenta per primo