LA CODA DI PAGLIA DEL SIGNOR ORBAN

di SERGIO SIMEONE* – Che cosa significa avere la coda di paglia? A questa domanda rivolta da una lettrice a Crusca per voi, periodico semestrale della prestigiosa Accademia della Crusca, risponde Raffaella Setti: ”Chi ha  la coda di paglia sa di aver combinato qualcosa, non ha la coscienza tranquilla e, di conseguenza, è sempre sospettoso per il timore di essere scoperto. La definizione è molto chiara, ma se qualcuno, ad ulteriore chiarimento, avesse bisogno di un esempio concreto, non ha che da guardare al comportamento di Viktor Orban, il capo dello Stato ungherese, che in questi giorni, insieme con il suo omologo polacco, sta bloccando l’iter  dell’approvazione del bilancio europeo, premessa, tra l’altro, del varo del tanto atteso recovery fund.

Orban si è messo di traverso perché nel testo proposto si vuole legare la elargizione dei fondi europei al rispetto nei singoli Paesi che aspirano a beneficiarne dei principi dello Stato di diritto. Ma perché questa clausola da tanto fastidio ad Orban? Ecco appunto la coda di paglia: lui sa che in tema di stato di diritto ha combinato cose vastase (per dirla con Camilleri) e sospetta che  la Commissione europea se ne sia accorta e gliela voglia far pagare.

Ora si dice che gli altri Stati (i quali hanno già inserito il recovery fund nei loro bilanci nazionali) faranno grandi pressioni su di lui per condurlo a più miti consigli. Tusk, il presidente polacco del PPE, è inferocito (ma, a proposito, perché, mi domando, ancora non lo hanno  cacciato a calci nel culo dal PPE?). Il macroniano Gozi ritiene che quello di Orban sia solo un bluff perché tra i danneggiati da una bocciatura del bilancio europeo ci sarebbe anche l’Ungheria. In ogni caso l’impuntatura del leader ungherese farebbe perdere un sacco di tempo.

Eppure una rapida soluzione al problema è a portata di mano e si trova in Italia: la soluzione si chiama Giorgia Meloni. La presidente di FdI, che è legata ad Orban da stima ed amicizia, gli potrebbe dire di non aver paura di sottoporsi al giudizio europeo circa il suo rispetto della democrazia, perché lei gli farebbe da testimone. La Meloni, infatti, per rassicurarlo, potrebbe ricordargli che già a marzo di quest’anno, quando con il pretesto del covid Orban si fece dare i pieni poteri dal Parlamento ungherese, lei lo difese a spada tratta. In quella occasione dichiarò anzi che, facendo un confronto tra Orban e Conte, quest’ultimo risultava essere il vero violatore delle regole democratiche. Non avrebbe perciò alcun problema a prendere  di nuovo le sue difese. Potrebbe anche aggiungere che, poiché avere due testimoni è meglio che averne uno  solo, Lei conosce un’altra persona che sarebbe disposta a spezzare una lancia in suo favore, tal Matteo Salvini. Il quale potrebbe essere ancora più convincente perché sarebbe pronto (come nei processi che vediamo nei film americani) a giurare sul Vangelo sulla innocenza dell’amico ungherese.

*Sergio Simeone, docente di Storia e Flosofia, è stato anche dirigente del sindacato Scuola della Cgil

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