Un giudice inglese ha stabilito che il trattamento di supporto vitale della piccola Indi Gregory, che soffre di una malattia mitocondriale, verrà interrotto oggi alle 14 nell’ospedale britannico in cui è ricoverata a Nottingham. I medici che l’hanno in cura al Queen’s Medical Center hanno detto che non si può fare altro, ma i genitori avevano chiesto che la bambina, che ha 8 mesi, tornasse nella loro casa di Ilkeston, nel Derbyshire. L’Alta Corte, secondo quanto riporta la Bbc, ha invece stabilito che il suo trattamento termini in un hospice o all’ospedale.
Il giudice ha deciso che non è possibile sottoporla alle cure palliative a domicilio. Indi Gregory ha una malattia mitocondriale incurabile, secondo i sanitari che l’hanno in cura. I suoi genitori non sono riusciti a convincere i giudici della Corte d’appello di Londra e i giudici della Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) a Strasburgo, in Francia, a ribaltare la decisione.
L’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma aveva accettato di curarla, ma il giudice ha respinto la richiesta di trasferire Indi a Roma. Anche la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, era scesa in campo direttamente concedendo alla bambina la cittadinanza italiana e promettendo di fare il possibile per salvarla, mai medici inglesi sono stati inflessibili.
“Ieri nel primo pomeriggio, su richiesta dei familiari di Indi Gregory, il console italiano a Manchester nella sua funzione di giudice tutelare ha emesso un provvedimento di urgenza, dichiarando la competenza del giudice italiano e autorizzando l’adozione del piano terapeutico proposto dall’ospedale Bambin Gesù di Roma e il trasferimento della minore a Roma”. Lo caffermano i legali della famiglia Gregory, secondo cui il console “ha anche nominato un curatore speciale per gestire le procedure. Il decreto è stato comunicato dal curatore al direttore generale dell’ospedale britannico al fine di favorire la auspicabile collaborazione tra le autorità sanitarie dei due Paesi ed evitare un conflitto di giurisdizione”, ma non c’è stato nulla da fare.
“Purtroppo per le malattie che non danno speranze di guarigione è sempre difficile capire quando staccare la spina. È una decisione che però, in caso di minori, spetta ai genitori”. A dirlo è Paolo Veronesi a margine della consegna, al Teatro alla Scala di Milano, del premio ‘Nobel’ da un milione di euro che ogni anno viene assegnato a chi si è distinto per la sua attività di ricerca. È l’unico modo per provare a portare in Italia e salvare la bambina di 8 mesi, nata con una grave malattia mitocondriale, a cui Londra ha deciso di staccare le macchine e interrompere le cure
“Naturalmente dare un parere sulle questioni legate ai bambini è sempre difficile perché i bambini non sono in grado di decidere e tutto viene rimandato alla volontà dei genitori”. E quindi “io credo che possiamo concordare sul fatto che per ogni genitore poter allungare anche magari di poco la vita di un bambino sia importante” e “quindi che il nostro sistema sanitario e in particolare l’ospedale Bambino Gesù di Roma si possa far carico di questo onere, la vedo come una cosa positiva. In molti paesi “a un certo punto si stacca la spina quando si potrebbe prolungare la vita del minore. Per gli adulti è diverso, hanno il diritto di autodeterminare la propria esistenza e quindi anche di anticipare il fine vita se le sofferenze diventano insopportabili e non passibili di cure”, ha sottolineato. L’alleanza terapeutica “è assolutamente importante. Bisogna essere vicini ai genitori che, nel corso della breve vita del loro bimbo, possono avere modo di elaborare questo probabile lutto e alla fine si trovano anche più preparati ad affrontare questa situazione. Dare il tempo ai genitori di abituarsi a questa triste prospettiva”, ha concluso.
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