La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità della riforma del governo sulla Pubblica amministrazione che porta la firma del ministro Marianna Madia. L’illegittimità riguarda la parte in cui prevede che l’attuazione della riforma, attraverso i decreti legislativi, possa avvenire con il semplice parere della Conferenza Stato-Regioni o Unificata. Secondo la Consulta, che si è pronunciata dopo un ricorso della Regione Veneto, è invece necessaria la previa intesa con le Regioni. La pronuncia riguarda in particolare le norme relative alla dirigenza, partecipate, servizi pubblici locali e pubblico impiego.
La Corte ha circoscritto il giudizio alle misure della delega Madia impugnate dalla Regione Veneto, lasciando fuori le norme attuative. Ma in realtà questo è un duro colpo alla impostazione di uno dei punti cardine della riforma costituzionale su cui siano chiamanti votare il 4 dicembre e cioè la modifica del titolo V, che concentra nelle mani del governo centrale poteri che la Costituzione vigente vuole siano esercitati dalle Regioni.
“Le pronunce di illegittimità costituzionale infatti colpiscono le disposizioni impugnate solo nella parte in cui prevedono che i decreti legislativi siano adottati previo parere delle Regioni e non previa intesa con le Regioni” , si spiega nella sintesi della sentenza. In particolare, sono stati respinti i dubbi di legittimità costituzionale relativi alla delega per il Codice dell’amministrazione digitale. Le dichiarazioni di illegittimità costituzionale riguardano quindi esclusivamente le deleghe al governo “in tema di riorganizzazione della dirigenza pubblica”, “per il riordino della disciplina vigente in tema di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni”, “di partecipazioni azionarie delle pubbliche amministrazioni e di servizi pubblici locali di interesse economico generale”. La Consulta, guardando al futuro, sottolinea comunque che “le eventuali impugnazioni delle norme attuative dovranno tener conto delle concrete lesioni delle competenze regionali, alla luce delle soluzioni correttive che il Governo, nell’esercizio della sua discrezionalità, riterrà di apprestare in ossequio al principio di leale collaborazione”.
Il ministro Madia ha convocato i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil per mercoledì 30 novembre su questioni connesse al lavoro pubblico per discutere presumibilmente anche di questo, anche se sul tavolo c’è ufficialmente lo sblocco dei contratti nel pubblico impiego.
Ma un’irritata e pesante reazione è subito arrivata dal capo del governo, Renzi, che ha subito collegato, in maniera piuttosto arbitraria e con scarsa appropriatezza dei termini, la decisione della Consulta al referendum: “Noi avevamo fatto un decreto per rendere licenziabile il dirigente che non si comporta bene e la Consulta ha detto che siccome non c’è intesa con le Regioni, avevamo chiesto un parere, la norma illegittima. E poi mi dicono che non devo cambiare le regole del Titolo V. Siamo circondati da una burocrazia opprimente”. La “burocrazia opprimente” sarebbe quella della Corte Costituzionale? O quella che la Corte, secondo lui, vorrebbe imporre? Che cosa pensano il presidente della Repubblica Mattarella e l’ex presidente Napolitano di una sortita del genere?
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