di ENNIO SIMEONE – Renzi e i suoi signorsì hanno una capacità straordinaria nel far approvare dal parlamento leggi-sprint pasticciate, perché – nella fretta, che è pessima consigliera, o per incapacità – sono scritte male; oppure di inventare nuove leggi… che già esistono.
L’ultima è quella contro i “furbetti del cartellino”, cioè contro i dipendenti pubblici che timbrano il badge d’ingresso, poi vanno a fare la spesa o l’allenamento in palestra, o addirittura il secondo lavoro; poi tornano e ri-timbrano il badge in uscita. Oppure quegli impiegati che si fanno addirittura timbrare il cartellino dal collega, al quale, quindi, ricambieranno la cortesia in un altro giorno.
«48 ore per essere sospesi (con paga ridotta, solo “per gli alimenti”) 15 giorni per difendersi e altri 15 per completare l’iter disciplinare. Il dirigente che gira la testa dall’altra parte rischia licenziamento e carcere», hanno sintetizzato i corifei della normativa, varata trionfalmente dal Consiglio dei ministri. E Renzi orgoglioso: “Provvedimento cattivo, ma giusto”.
Ma, mentre la legge veniva varata e trionfalmente annunciata come una straordinaria novità, continuavano a fioccare in uffici di tutta Italia non solo sospensioni dal servizio e licenziamenti di impiegati infedeli, ma arresti (domiciliari e non) ad opera di carabinieri, polizia e guardia di finanza, su ordini di cattura dei magistrati spiccati sulla base delle indagini da loro condotte.
Già, perché i “furbetti” sono in realtà degli imbroglioni della peggiore specie, autori di reati che il codice penale punisce da molto prima che Matteo Renzi nascesse. Lui li ha scoperti, guarda un po’, in campagna elettorale. Nessuna meraviglia: lui è sempre in campagna elettorale.
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