L’intervento di Giorgia Meloni, nella veste di presidente del Consiglio dei ministri, al 19° congresso nazionale della Cgil a Rimini – accolta da Maurizio Landini con una stretta di mano e dai congressisti con applausi moderati e da un gruppo di loro uscendo dall’aula e cantando “Bella ciao” – è stato un evento comunque di notevole significato, a prescindere da ciò che la presidente del Consiglio ha detto in termini programmatici. Significative comunque le parole con cui ha voluto esplicitamente condannare l’assalto – di elementi della destra, come ha ammesso – alla sede del sindacato avvenuta l’anno scorso a Roma: citazione sottolineata da un applauso.
Poi, l’esordio improntato a sgombrare il campo dallo spauracchio dei fischi e dell’inedita presenza di una premier di destra al congresso del più grande sindacato italiano, di sinistra: “Mi sento fischiata da quando avevo 16 anni. Potrei dire che sono cavaliere al merito su questo. Ringrazio anche chi mi contesta. Non ho voluto rinunciare a questo appuntamento in segno di rispetto del sindacato”, le sue prime parole. La presidente del Consiglio ha poi precisato: “Questo congresso è un esercizio di democrazia e partecipazione, che non può lasciare indifferente chi ha responsabilità decisionali e chi, come me, sa quanto questi eventi tengano vive queste dinamiche”.
Giorgia Meloni parte da molto lontano per toccare i temi del salario minimo, della riforma fiscale (bocciata da Landini), delle misure di sostegno al reddito, della povertà, dell’evasione delle tasse. E parte dal terreno comune che può unire visioni diverse e apparentemente antitetiche: “Il confronto è necessario e utile. Se questo è l’approccio, ci sono ottime ragioni per confrontarci con la forza delle idee, che ciascuno legittimamente rivendica” ha detto. Per poi puntualizzare: “Non mi sottraggo a un contesto sapendo che è un contesto difficile. Non mi spaventa. La ragione per cui ho deciso di essere qui è più profonda: con questa presenza, con questo confronto, questo dibattito, possiamo autenticamente celebrare l’unità nazionale” – ha detto Meloni – ricordando l’occasione odierna che celebra la Festa dell’unità nazionale.
Poi ha voluto anticipare alcune delle scelte che il suo governo intende compiere, ribadendo in linea generale alcune delle linee programmatiche in materia fiscale, promettendo genericamente riduzioni per tutti.
I passaggi più attesi sulla riforma fiscale (generica) approvata ieri dal Consiglio dei ministri, che “si concentra sui più fragili, sul ceto medio: per far crescere l’occupazione bisogna far ripartire l’economia, liberare le energie migliori dell’Italia”. Su questa base, si è proceduto a varare la riforma approvata con legge delega, che è stata “frettolosamente bocciata da alcuni”. Elenca così i sette punti del suo programma fiscale, di come il governo intenda intervenire sulle fasce più deboli, sui redditi più bassi.
Poi i soliti slogan, come quello sul Reddito di Cittadinanza: “doveroso abolirlo”, ha detto, spiegando: “Il segretario Landini, nella sua relazione, si è chiesto cosa ci abbiano fatto i poveri, visto che abbiamo modificato il Reddito di Cittadinanza. I poveri non ci hanno fatto niente ed è per questo che abbiamo voluto farli uscire da quella condizione e l’unico modo per farlo è dargli un lavoro. Anche per il M5s – ha proseguito Meloni – il Reddito di Cittadinanza non era un vitalizio, ma uno strumento transitorio. Dopo 3 anni la condizione di chi lo ha percepito non è migliorata. Vi domando: un ragazzo di 30 anni che ha percepito il reddito e che non ha migliorato la propria condizione, a 33 anni è meno povero?”.
“Vogliamo tutelare chi non è in grado di lavorare, chi ha perso il lavoro, gli invalidi, eccetera, ma per chi può lavorare la soluzione è creare posti di lavoro, inserire queste persone in corsi di formazione anche retribuiti”.
In conclusione una sorta di appello all’unità e al bando di ogni approccio pregiudiziale: “Rivendicate le vostre istanze nel confronto col governo: a volte saremo d’accordo, altre no, ma troverete ascolto senza pregiudizi”, ha promesso. “È uno degli impegni che mi sono presa con gli italiani e che intendo portare avanti. Su molte cose si può trovare condivisione, su altre è più difficile, ma ciò non significa non tentare il confronto. Io non considero finito il confronto tra sindacato e governo, io lo considero produttivo anche quando non siamo d’accordo”.
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