di NUCCIO FAVA – In ogni tempo, come per le guerre e la povertà, la violenza e lo sfruttamento delle donne hanno rappresentato una costante e difficili le battaglie mai definitivamente vinte. I tempi mutano, fortunatamente, ma crescono anche l’urgenza e la necessità di trovare risposte adeguate per sfide sempre più ardue e complesse. C’è l’esempio ormai evidente dei cambiamenti climatici, dell’inquinamento che rende invivibile non solo Pechino e Rio, ma anche Milano e Parigi, Roma e Frosinone. I rischi per la qualità della vita sono avvertiti in concreto da tutti, come le conseguenze negative per l’uomo in ogni campo.
Sorprende la disinvoltura con cui la cultura prevalente considera possibile ogni risultato, affidandosi ai progressi della tecnica, ritenuti impensabili sino al giorno prima. Emerge però l’inciampo di qualche riflessione morale –non vincolata da ragioni religiose e ideologiche-ancorate però in modo solido alla concezione della dignità della persona. Della donna in particolare presa “in affitto” non diversamente da un incontro mercenario, lungo uno dei tanti viali dell’amore delle nostre periferie.
Nichi Vendola ed il suo compagno evidentemente non hanno riflettuto abbastanza e si sono lasciati catturare e affascinare solo dal loro sogno d’amore, come lo hanno definito. Per realizzarlo però hanno dovuto “affittare”una donna ingravidata e assistita economicamente per 9 mesi nella splendida San Francisco. Ma perché un bambino deve venire alla luce in questo modo? Non sono in gioco diritti fondamentali non rispettati e non riconosciuti? Contano in modo esclusivo ed escludente solo il desiderio e la volontà di Vendola e del suo compagno? Non c’è anche la condizione di sfruttamento di questa donna spinta a mettere sul mercato il proprio utero per ragioni fondamentalmente di bisogno e di necessità economiche?
Sono ormai fiorenti le organizzazioni di intermediazione che selezionano e procurano le donne disposte per necessità a prestare per 9 mesi la propria pancia. L’India e il Messico, ma non solo, sono tra gli stati in cui questo grave e sconcertante commercio è fiorente a conferma di quanto pesino le condizioni economico sociali di povertà. Sono in espansione anche nei paesi dell’ex campo comunista che garantiscono maggiormente capelli biondi e carnagione chiara.
A me pare una questione drammatica per il nostro futuro comunitario e civile, giocato con formule ambigue , di facile presa: la vittoria dell’amore e dei nuovi diritti, mentre la società contemporanea post moderna ci pone il grande interrogativo sul ruolo della tecnica e della sua egemonia sulle nostre vite, sulle nostre comunità frantumate da egoismi e individualismi inconciliabili. Il rischio è che si affermi progressivamente una concezione della dignità dell’uomo divisa a spicchi, e acquistabile a scelta come al supermercato.
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