Continua incessante a Genova la ricerca delle persone considerate disperse e presumibilmente ancora sepolte sotto le macerie dei 200 metri di tratto del ponte Morandi crollato pochi minuti prima di mezzogiorno del 14 agosto. Per la terza notte consecutiva i vigili del fuoco hanno lavorato con ruspe e martelli pneumatici per cercare di aprirsi un varco tra gli enormi blocchi di cemento precipitati nel letto del torrente Polcevera e sui binari ferroviari. Due sono i punti su cui si stanno concentrando le ricerche delle persone che ancora mancano all’appello: il basamento del pilone crollato, all’altezza dell’argine sinistro del Polcevera, e il blocco di ponte lungo una ventina di metri precipitato dopo essersi cappottato sulla ferrovia.
È lì che i vigili pensano possano trovarsi i dispersi, secondo le ultime verifiche una decina.
C’è l’ipotesi sempre più concreta che ci siano ancora una ventina di persone sotto le macerie, anche se con il passare delle ore le speranze di trovare altri superstiti si affievoliscono sempre sempre più. A dirlo per la prima volta esplicitamente il procuratore capo di Genova Francesco Cozzi: “Ci potrebbero essere ancora 10-20 persone disperse”. Finora il bilancio ufficiale è di 38 morti, tra i quali tre bambini, e di 15 feriti ricoverati, 9 in codice rosso, di cui due in pericolo di vita. E la prima preoccupazione dei soccorritori, 340 solo tra i vigili del fuoco, è proprio la ricerca delle persone: “Continueremo fino a quando saremo sicuri che non c’è più nessuno da soccorrere” spiega Luigi D’Angelo, del Dipartimento della Protezione civile.
Intanto il lavoro dei mezzi pesanti nel greto del Polcevera ha prodotto un altro risultato: uno dei simboli di questa tragedia, l’enorme blocco di cemento piantato in mezzo al torrente come un monolite, è stato abbattuto nella notte. Ora la priorità, dopo aver trovato le persone che ancora risultano disperse, è quella di cominciare a portare via le macerie prima che arrivi la pioggia ad ingrossare il fiume. Terminate, invece, le ricerche sull’argine destro del torrente, quello dove c’è il deposito Amiu. Su quel lato sono in corso le bonifiche e stamattina si è sviluppato un piccolo incendio, subito messo sotto controllo dai vigili del fuoco che stavano operando: a provocarlo, probabilmente, le scintille sprigionate da martelli pneumatici e seghe per tagliare i tondini d’acciaio.
Le cause del disastro: verosimile (ma da accertare) l’ipotesi della rottura di un cavo d’acciaio– La rottura di uno strallo “è un’ipotesi di lavoro seria”. Così Antonio Brencich, docente dell’università di Genova e membro della commissione dei Trasporti e delle Infrastrutture (nella foto: durante una intervista a Rainews24) che deve accertare le cause del crollo, ha risposto ai giornalisti. Brencich ha fatto un breve sopralluogo nella zona del ponte crollato ma non è voluto entrare nel merito del lavoro della commissione. “La voce che gira è che il collasso sia stato attivato dalla rottura di uno strallo: ci sono testimonianze e video che vanno in questo senso, ma dopo tre giorni è solo un’ipotesi”, ha precisato Brencich. Il docente ha invece negato che possa essere stato un eccesso di carico a provocare il crollo del ponte Morandi: “La pioggia, i tuoni, l’eccesso di carico sono ipotesi fantasiose – ha detto – che non vanno prese neanche in considerazione”.
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