LA SFIDA DI SERGIO MARCHIONNE

di NUCCIO FAVA* – Sul futuro di Fiat tanti commenti – positivi e critici – talvolta superficiali e contraddittori, si sviluppano in abbondanza su giornali e tv. Stupisce la contraddizione tra il generale cordoglio e l’ammirazione per l’intelligenza e le capacità del protagonista, e, al tempo stesso, la quasi banalità di un provincialismo duro a morire, influenzato dalle forti correnti di nazionalismo e sovranismo in grande auge di questi tempi.
Si rimprovera a Marchionne di avere portato la Fiat fuori da Torino con una perdita per l’intera Italia. Influisce anche il ribasso del titolo all’apertura delle Borse . Non poco anche le dimissioni di Alfredo Altavilla, importante manager del gruppo per l’Europa ed il Medio Oriente, che avrebbe gradito e forse si aspettava – legittimamente – di essere nominato al posto dell’anglo-americano Manley. Entrambi apprezzati collaboratori, avevano lavorato con Marchionne ai massimi livelli. Altavilla in aggiunta aveva dalla sua l’italianità , mentre Manley era a capo – sin dall’inizio – dell’operazione Jeep e degli sviluppi futuri del brand messi in programma dalla strategia di Marchionne.
L’uscita di Marchionne – da lui stesso fissata per il prossimo anno, accompagnata dall’annuncio che si sarebbe trattato di una soluzione interna – è avvenuta sotto il precipitare degli eventi ed ha imposto scadenze e adempimenti non previsti . Si dovrà proseguire l’impostazione dell’insostituibile ”comandante” che ha lasciato la guida, con l’unico obbiettivo, come ha detto Elkann: quello ”di impegnarci tutti a proseguire la strategia di Marchionne, che tanti straordinari frutti ha procurato alla FCA in Italia e nel mondo”.
Il grande Totò soleva mettere in guardia dal rischio e influenza diabolica degli iellatori, suggerendo di difendersi con vistosi corni e nastri colorati . Fuori di battuta, resta sacrosanta la preoccupazione per i posti di lavoro in Italia e specialmente in Piemonte, dove migliaia di famiglie vivono con gli stipendi Fiat e tanti lavorano nell’indotto. Immaginare tuttavia un abbandono dall’Italia sarebbe alquanto avventuroso anche solo considerando l’ultimo investimento su Ronaldo , le imprese della Ferrari, il nuovo corso di Alfaromeo e Maserati.
Come ha testimoniato con tutta la sua vita, anche nel momento in cui ruppe con Confindustria, sempre contrassegnata dalla egemonia della Fiat e degli Agnelli, Marchionne non rinunciò mai alla sua autonomia e indipendenza, unita ad una capacità creatrice ed innovativa fondata sul presupposto che si deve sempre migliorare e non rinunciare a guardare verso nuovi obbiettivi. Singolarmente, fu apprezzato allo stesso modo da Obama e da Trump . Tra i tanti commenti di queste ore mi è piaciuto particolarmente quello di Marco Bentivogli, segretario dei metalmeccanici della Cisl: “Prese un’azienda fallita e l’ha resuscitata. Una sfida all’italietta che troppo spesso si accontenta di sopravvivere”.
*Nuccio Fava è stato direttore del Tg1 e del Tg3 e delle Tribune Politiche Rai

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