di SERGIO SIMEONE* – L’esitazione di Giorgia Meloni nell’individuare la matrice dei disordini scoppiati a Roma sabato 9 ottobre e culminati nell’assalto alla sede della Cgil era dunque ben motivata. Lei non si lascia ingannare dalle apparenze. Tutti infatti si sono lasciati impressionare dalle immagini trasmesse da TV e giornali che mostravano, alla testa degli scalmanati il capo di Forza Nuova e poi il suo vice Giulio Castellino, che arringava la folla degli assalitori prima che questi irrompessero nella sede del sindacato, ed hanno abboccato come gli allocchi: sono stati i fascisti.
Giorgia Meloni no. Lei ha lo sguardo lungo, più lungo di Salvini (che si è subito scagliato contro l’incapacità della Lamorgese). Altro che incapacità: dietro il comportamento apparentemente inefficiente della polizia, ha spiegato la Meloni, c’era l’astuta regia del ministro dell’Interno, che voleva ricreare in Italia la strategia della tensione.
Ha tentato la Lamorgese di giustificarsi goffamente per il mancato arresto di Castellino dicendo che non voleva che qualche agente rischiasse la pelle andando ad arrestare il caporione fascista mentre era circondato e protetto da centinaia di energumeni armati di catene e spranghe di ferro. Ma a chi vuole darla a bere? C’è un audio che la inchioda alle sue responsabilità, quello in cui Castellino dice alla polizia che lui vuole parlare con Landini e chiede: ce lo portate voi o dobbiamo andare a prenderlo noi? Ebbene risulta a qualcuno che dopo questa richiesta così garbata e ragionevole la Lamorgese si sia attivata, mandando ad esempio una pattuglia di poliziotti a prelevare il sindacalista per metterlo a disposizione di Fiore e Castellino? Niente. Al ministro evidentemente andava bene che i manifestanti si innervosissero ed andassero a sfondare il portone della Cgil.
Ma, come si sa, a volte anche il più astuto dei progetti criminali può incappare in qualche accidente non previsto, che non gli permette di realizzarsi in modo completo. Voi immaginate, infatti, che salto in avanti avrebbe fatto la strategia della tensione ideata dalla Lamorgese se i neofascisti fossero riusciti non solo ad invadere la Cgil ma anche ad irrompere dentro Palazzo Chigi? E invece qualche imbecille ha fatto trovare al corteo davanti alla sede del governo un nutrito schieramento di poliziotti, dotato per giunta di idranti, che hanno spento rapidamente i bollenti spiriti dei manifestanti. E così la parte più ambiziosa del programma è saltata. Ma se la Lamorgese scopre chi è il funzionario che ha dato la direttiva di sicuro costui passerà un brutto quarto d’ora.
Poiché infine in Italia anche nelle vicende più drammatiche non manca mai il lato comico, c’è stata l’idea di Salvini di recarsi da Draghi per chiedergli di svolgere in questa faccenda il ruolo di pacificatore. Molto originale questa idea di far fare la pace a sprangatori e sprangati. Se trasferita in campo giudiziario potrebbe snellire i processi molto più della riforma Cartabia. C’è stata ad esempio una rapina con accoltellamento? Il giudice, anziché avviare un lungo e defatigante procedimento giudiziario, potrebbe convocare l’accoltellatore e l’accoltellato e invitarli a chiudere lo spiacevole incidente con una bella stretta di mano, riconoscendo, ognuno dei due, i propri torti, uno di aver accoltellato e l’altro di essersi fatto accoltellare.
La famosa scritta “la giustizia è uguale per tutti” potrebbe essere sostituita a questo punto con il ritornello di una famosa canzone napoletana, espressione della saggezza popolare: Chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato, scurdàmmece ’o passato.
*Sergio Simeone, docente di Storia e Filosofia, è stato anche dirigente del Sindacato Scuola della Cgil
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