L’altalena della “crisi ucraina” tra promesse di ritirate e smentite allarmanti

di NUCCIO FAVA* – Stando alle notizie che vengono diffuse (alcune anche in contraddizione tra loro a distanza di poche ore), non ci sarebbero passi avanti nella “crisi ucraina”,  come se tutti gli sforzi per favorire la strada della diplomazia si arrestassero alle buone intenzioni. C’è un peggioramento nell’atteggiamento della Russia, che scarica soprattutto sugli Stati Uniti la responsabilità della situazione critica. Non solo, ma tende ad attribuire al presidente Biden un freno ai tentativi di possibile dialogo, espressi dai leader europei ed in qualche misura dalla stessa Nato. Comunque non ci sono evidenti segnali di consistente rientro di mezzi corazzati russi e di truppe. Addirittura alla frontiera con l’Ucraina, irredentisti filo russi hanno bombardato abitazioni civili ed anche una scuola. Da parte americana, attraverso rilievi satellitari, si paventa il pericolo che la Russia lavori all’invasione progettando artificiosi incidenti per provocare un attacco. Si creano così stati d’animo preoccupanti tra i civili, comprensibili, ma che sono destinati inevitabilmente a fare salire la tensione.

“Provate voi a invocare la calma quando le strade sono controllate dai carri armati e soldati  in assetto di guerra stazionano nei cortili di casa”: è l’amaro commento di un contadino ucraino che incontro casualmente nel piccolo centro di campagna dove trascorro spesso i fine settimana. Lui, insieme alla moglie, vive in Italia la maggior parte dell’anno guadagnando modesti compensi per lavori nei campi e nei giardini del luogo. La moglie fa la badante e insieme inviano a Kiev il danaro per mantenere agli studi due figli. La loro preoccupazione è condivisibile ed è irragionevole pensare che le nostre buone espressioni d conforto possano rassicurarli. C’è certo un tragico paradosso non nuovo nella storia di una generale aspirazione alla pace che però rimane solo nel campo delle buone intenzioni e addirittura si finisce per provocare una nuova guerra al fine di stabilire la pace.

Già gli antichi romani del resto avevano teorizzato “si vis pacem para bellum”, che appunto era lo strumento per giustificare le conquiste militari e l’ampliamento dell’impero. Anche l’esportazione delle civilizzazioni a scapito delle sofferenze e della schiavizzazione dei popoli sconfitti.

Una linea politica ragionevole è stata messa in campo dal nostro presidente del Consiglio in occasione della sua visita lampo a Parig ; dopo l’ incontro col presidente Macron ha dichiarato di star lavorando ad un colloquio diretto tra Putin e Zelensky. La situazione resta difficile e molto complessa, ma mettere direttamente a confronto i due massimi esponenti, espressione dei rispettivi popoli, che sicuramente sono contrari alla guerra, resta la strada forse migliore per raggiungere una soluzione politica reciprocamente giusta ed accettabile.

*Nuccio Fava,  presidente dell’Associazione Giornalisti Europei, è stato direttore del Tg1 e del Tg3 , responsabile delle Tribune politiche Rai e coordinatore delle trasmissioni Rai sul Giubileo del 2000.

 

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