di ENNIO SIMEONE – Alla fine le giravolte machiavelliche di Luigi Di Maio sono servite a sbrogliare il bandolo della matassa e a far superare l’impasse provocata dagli errori che hanno portato quasi alla soglia di nuove elezioni anticipate addirittura a luglio. La convulsa giornata di ieri (mercoledì 30 maggio) si è chiusa infatti con un incoraggiante punto interrogativo, al quale però entro la giornata di oggi (giovedì 31 maggio) era indispensabile che arrivassero le risposte: accantonamento del progetto di «governo tecnico» capeggiato da Carlo Cottarelli e ritorno al «governo politico» Cinquestelle-Lega con presidente il professore Giuseppe Conte e con Paolo Savona ministro, ma non all’Economia, bensì di altro dicastero. Anzi ai due partiti viene a dare una mano in parlamento anche Fratelli d’Italia della Meloni, senza tuttavia entrare nel governo.
Questa soluzione – prospettata già ieri da Luigi Di Maio al presidente Mattarella dopo la riappacificazione, seguita al ritiro, da parte del leader pentastellato, della spropositata minaccia (infondata, oltre che pericolosa) di promuovere contro di lui l’impeachment – ha incontrato la disponibilità del capo dello Stato, tant’è che l’ha incoraggiata mettendo in standby Cottarella e i suoi ministri tecnici in attesa e nella speranza che la mediazione Di Maio avesse fortuna. La palla è così passata di nuovo a Salvini e il capo della Lega , dopo lunga riflessione, ha dato il suo ok. Si era invece temuto che – alla luce dei sondaggi, che danno il suo partito in crescendo a spese sia di Forza Italia sia dello stesso M5s – la sua preferenza andasse all’altra soluzione: governo tecnico di Cottarelli e ritorno al voto, non a luglio ma in settembre o al massimo all’inizio di ottobre. Tuttavia Salvini ha intuito, al tempo stesso, anche il rischio che la sua impuntatura potesse rivelarsi un boomerang, risultando sgradita a una parte dell’elettorato, che non vuole il ritorno alle urne, e alla lunga avrebbe potuto punire chi avesse ostacolato la nascita del governo giallo-verde e costringendo gli italiani, per ingordigia, a tornare a votare a breve distanza dalle elezioni del 4 marzo.
D’altronde il semplice stop al governo di garanzia imposto da Mattarella a Cottarelli e la collegata ipotesi di riapertura della porta alla nascita di un governo giallo-verde sono bastate ai temuti ”mercati” per far segnare una inversione di tendenza all’andamento della Borsa (con chiusura in positivo) e allo spread, sceso di quaranta punti rispetto al giorno precedente. Confermando che l’impennata negativa di due giorni prima non era da attribuire alla eventuale nascita del governo Cinquestelle-Lega, ma, semmai, all’incertezza politica e al conseguente nervosismo di quei ”mercati”.
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