«A quell’ora esatta – prosegue Demarco – la “cittadina” Capuozzo ha smesso di essere tale, cioè titolare di diritti come quello alla presunzione di innocenza. Addio eroina capace di respingere i ricatti e di tenere la camorra fuori dalla porta. Addio moglie ideale di Cesare, non solo onesta ma palesemente tale a dispetto delle accuse interessate su un presunto abuso edilizio. Grillo, che fino a un minuto prima l’aveva difesa a rischio del ridicolo, cioè facendosi le domande e dandosi le risposte più giacobino che mai l’ha mandata davanti alla ghigliottina: Rosa deve dimettersi per il bene della rivoluzione morale. A quell’ora, dunque, tutti diventano giustizialisti: non solo gli avversari col coltello tra i denti, i democrat in cerca di riscatto dopo la disfatta romana, e fatto salva la vicenda De Luca, tollerata nonostante la violazione della legge Severino, ma anche i compagni di avventura, i grillini che avevano scommesso su di lei e che, come Di Maio e Fico si erano, di recente, dimostrati affettuosi e solidali. Quando il momento arriva, Capuozzo non è indagata, nessuno, tra i leader del movimento, ha ben capito perché da parte lesa è diventa di colpo soggetto contundente, eppure ora tutti la giudicano e la condannano. Le sentenze, quella di Grillo compresa, vengono scritte “a prescindere”, come si è sempre fatto per gli altri, con i nemici, appunto, o per gli «infedeli» e i traditori… Il garantismo, nato per tutelare la persona, va a farsi benedire perché la persona in quanto tale non interessa più. Quel che conta è il movimento. Punto.»
Conseguente la considerazione conclusiva di DeMarco: «Ma alle 18.39 di domenica non cambia solo la fenomenologia del garantismo. Cambia anche quella della leadership. Un tempo c’erano i partiti-società (la Dc, il Pci) a cui sono seguiti i partiti-Palazzo (quelli dei sindaci eletti direttamente) e il partito-ditta (quello di Bersani) in opposizione al partito personale (Berlusconi). Ora siamo già oltre. Al partito dei leader, dice il politologo Mauro Calise pensando a Renzi e Grillo, i partiti che si mettono al servizio dell’uomo solo al comando. Alle 18.39 di domenica anche questa forma partito, almeno per quanto riguarda il M5S, è andata in crisi. Per due ragioni. Dopo il caso Quarto, è evidente che la selezione dei candidati pentastellati attraverso il web, fortemente voluta dal leader, non regge più. E poi: è stata forse la Rete a far cambiare idea a Grillo su Rosa Capuozzo? O non è stato piuttosto il giudizio senza appello di Saviano? Nessuno può negarlo: “Saviano locutus causa finita”. È bastato che parlasse per chiudere la partita. Alla faccia della partecipazione popolare e della rappresentanza senza mediazione. È la prova che gli stessi leader a cui tutto il partito si piega, non ce la fanno più a reggere la complessità del mondo reale, che è fatta anche di Comuni da amministrare. Hanno ora bisogno di arbitri esterni cui demandare i conflitti più acuti e imbarazzanti. Un segno di debolezza. E qualcuno potrebbe anche pensare che Grillo, nella società, ha bisogno di Saviano come, con tutti i distinguo del caso, Renzi ha bisogno di Cantone nelle istituzioni».
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