di FEDERICO BETTA– Il Roma Europa Festival presenta alla Sala Petrassi dell’Auditorium Larsen C, l’ultimo lavoro di Christos Papadopoulos che con i precedenti spettacoli Elvedon e Ion si è affermato tra i più acclamati coreografi contemporanei.
Il suo è un universo minimale e sospeso, uno spazio abitato dal lento e naturale evolversi del movimento, una poetica innovativa che mira a creare uno spettacolo non da mostrare, ma che si fa vero e proprio strumento. Papadopoulos crea dei meccanismi scenici così ipnotici e coinvolgenti da far divenire lo spettacolo un mezzo attraverso il quale lo spettatore può fare esperienza di sé, entrare in una sorta di stato meditativo, per perdersi e ritrovarsi.
Cresciuto in un piccolo paese del Peloponneso, il coreografo sottolinea spesso come gli elementi naturali lo aiutino a creare lo scheletro fluido dei suoi spettacoli. Larsen C riempie la scena attraverso un gruppo di danzatori e danzatrici affiatati, che si muovono all’unisono, come un’onda in costante movimento: nella loro fluidità richiamano la natura degli stormi, dove ogni elemento prende a riferimento l’uccello a lui più vicino, allineandosi ad esso per creare un meraviglioso corpo collettivo.
L’atmosfera in cui lo spettacolo è avvolto fa uso di pochissimi elementi. Bagnati dalle luci di taglio i costumi neri in eco pelle appaiano e scompaiono magicamente, immersi in un tappeto sonoro elettronico che segue minimali variazioni di intensità e ritmo. Lo spettacolo sviluppa coreografie sceniche che sembrano spezzare i corpi delle danzatrici e dei danzatori per ricomporne gli arti in modo inconsueto, quasi ad interrogarci sulla finzionalità del nostro esistere e del nostro stesso pensiero.
Papadopulos mescola umano e naturale per immergerci in un mondo più ampio, espanso dalla nostra immaginazione al di là del conosciuto.
Con Larsen C ci consegna un’esperienza unica in grado di fondere sacro e contemporaneo, uno spiraglio sul senso della performance e dei processi creativi: non serve intrattenere, sembra sussurarci, serve dare libertà a ognuno di ricreare continuamente intrecci personali che diventano percorsi originalmente partecipativi.
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