La Procura della Repubblica di Milano ha deciso di indagare Beppe Grillo (foto a sinistra) per “traffico di influenze illecite” assieme all’armatore Vincenzo Onorato (foto a destra), che negli anni 2018 e 2019 avrebbe versato alla società di comunicazione del fondatore del Movimento Cinque Stelle un compenso di 120 mila euro all’anno per diffondere sul web “contenuti redazionali” per il marchio Moby.
Secondo la magistratura si tratterebbe di un “compenso apparente” in cambio di un sostegno a favore della compagnia di navigazione Moby dell’armatore napoletano, il quale, trovandosi in difficoltà finanziarie, si sarebbe rivolto con una chat al fondatore del M5S e ai “parlamentari in carica” del suo schieramento per “orientare” l’intervento pubblico.
Allo scopo di raccogliere elementi a sostegno di questa tesi ieri uomini il Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza – su richiesta del pm Cristiana Roveda e del procuratore aggiunto Maurizio Romanelli – hanno perquisito e sequestrato chat, mail e documenti archiviati nei pc e su altri supporti informatici nelle sedi della Beppe Grillo srl a Genova e della Casaleggio Associati in centro a Milano e di altre persone non indagate, tra cui il figlio del patron della società di navigazione, Achille Onorato.
L’inchiesta, nata tempo fa da atti trasmessi dai pubblici ministeri di Firenze, titolari del fascicolo sul caso Open, in cui è stato coinvolto anche Matteo Renzi, si è avvalsa anche del quadro tracciato dalla consulenza contabile depositata nel procedimento civile sul concordato preventivo della società Cin dal pm Roberto Fontana, titolare di un’indagine per bancarotta del Gruppo Onorato.
Nel complesso della indagine emergerebbero i versamenti dell’imprenditore napoletano non solo al M5s ma anche a diversi altri partiti politici ricavati da una serie di messaggi da Onorato a Grillo e da questi “veicolati” a parlamentari per proporre leggi e finanziamenti mirati a salvare la Moby. I pm ritengono che sia “illecita la mediazione operata” da Grillo sulla base sia “dell’entità degli importi versati o promessi” da Onorato, sia della “genericità delle cause dei contratti”, sia “delle relazioni effettivamente esistenti ed utilizzate” dal Grillo, sceso in politica una dozzina di anni fa, “su espresse richieste” dell’armatore “nell’interesse del gruppo Moby”.
Perciò, secondo gli inquirenti, la società informatica di Grillo avrebbe percepito 120 mila euro sia nel 2018 sia nel 2019 “apparentemente come corrispettivo di un accordo di partnership” con la compagnia di traghetti per diffondere “su canali virtuali”, come il sito beppegrillo.it, contenuti redazionali per il marchio Moby. In cambio, secondo l’ipotesi inquisitoria (accertare), il garante dei Cinque Stelle avrebbe fatto avere ai parlamentari del movimento da lui fondato le istanze di Onorato indirizzando l’intervento pubblico “a favore degli interessi” della compagnia di navigazione, gravata da conti in rosso. Nell’indagine si sostiene inoltre che Grillo avrebbe riferito all’armatore “le risposte della parte politica o i contatti diretti con quest’ultima”.
Gli inquirenti, poi, hanno anche puntato l’obiettivo su un contratto tra Moby spa e Casaleggio Associati per il triennio 2018-2020, che prevedeva il versamento di 600 mila euro all’anno più l’Iva per la stesura di una campagna pubblicitaria intitolata ‘Io navigo Italiano‘, accusata, peraltro, di “razzismo”.
Da quanto si sa, Davide Casaleggio, che è il legale rappresentante e socio di maggioranza della società, non è indagato, anche se ha ricevuto anche lui la visita delle Fiamme Gialle. Intanto il legale di Onorato, l’avvocato Pasquale Pantano, si è limitato a far notare che l’armatore e Grillo “sono amici di antica data, da circa 45 anni. E’ facile quindi che qualcosa possa essere stata equivocata, ma è necessario leggere gli atti“.
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