Clamorosi sviluppi di un’altra operazione di polizia che coinvolge in Calabria – sia pur indirettamente – la sanità e un settore della politica, con l’arresto del presidente del Consiglio regionale, Domenico Tallini, di 68 anni, di Forza Italia, e di altre 19 persone. Tallini, 68 anni, è stato posto ai domiciliari con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa e scambio elettorale politico mafioso. L’indagine – condotta dalla Direzione Distrettuale Antimafia guidata dal procuratore Nicola Gratteri – che ha portato per opera dei carabinieri all’arresto di Tallini riguarda i suoi presunti rapporti con la cosca Grande Aracri della ‘ndrangheta, che avrebbero riguardato la costituzione di una società, con base a Catanzaro, finalizzata alla distribuzione all’ingrosso di prodotti medicinali mediante una rete di punti vendita costituiti da farmacie e parafarmacie (20 in Calabria, due in Puglia e una in Emilia Romagna).
Tallini – secondo l’accusa formulata dalla magistratura – avrebbe fornito supporto alla cosca, specie nella fase di avvio del progetto ed il suo intervento, secondo quanto riferiscono i carabinieri, sarebbe stato ricambiato anche con il sostegno della cosca alle elezioni regionali del novembre 2014. Il contributo di Tallini sarebbe stato decisivo per favorire e accelerare l’iter burocratico inziale per ottenere le necessarie autorizzazioni per la costituzione della società per la distribuzione di medicinali.
Il presidente della Commissione parlamentare antimafia, Nicola Morra, commentando l’arresto di Domenico Tallini, afferma: «Vi ricordate le ultime regionali calabresi, a gennaio 2020? Questo signore, attuale presidente del Consiglio Regionale della Calabria, di Forza Italia, in virtù del Codice di autoregolamentazione della Commissione Antimafia, risultava impresentabile. A suo avviso ero io che mi accanivo contro di lui per una “vendetta personale”. Oggi si trova ai domiciliari».
Nell’operazione dei carabinieri dei Comandi provinciali di Catanzaro e di Crotone – denominata Farmabusiness – che ha portato all’arresto del presidente del Consiglio regionale della Calabria, sono coinvolte, complessivamente, 19 persone destinatarie di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip di Catanzaro su richiesta della Dda. Sono accusate, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione di tipo mafioso, scambio elettorale politico-mafioso, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, detenzione illegale di armi, trasferimento fraudolento di valori, tentata estorsione, ricettazione e violenza o minaccia a un pubblico ufficiale.
Il provvedimento trae origine da due attività investigative convergenti, sviluppate rispettivamente dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Catanzaro e del Nucleo Investigativo di Crotone, dirette e coordinate dal Procuratore della Repubblica, Nicola Gratteri (foto a lato), dal Procuratore aggiunto, Vincenzo Capomolla e dai sostituti procuratori Paolo Sirleo e Domenico Guarascio.
«Le emergenze investigate – é detto in una nota stampa diramata dai carabinieri – hanno riguardato l’operatività della cosca di ‘ndrangheta Grande Aracri di Cutro nell’area di origine e nel territorio catanzarese, con particolare riferimento alle iniziative imprenditoriali avviate in quest’ultima provincia mediante il reimpiego di capitali della cosca. In particolare, gli elementi raccolti nel corso delle indagini hanno permesso di definire i nuovi assetti della cosca Grande Aracri dopo le operazioni che ne hanno colpito i principali esponenti e lo stesso capo Nicolino Grande Aracri. Sono state inoltre documentate la realizzazione e l’operativà da parte degli indagati, attraverso la preliminare intestazione fittizia di beni e utilità. E’ stato accertato anche il ruolo di professionisti ed imprenditori nella realizzazione del programma della cosca con riguardo al perseguimento dei vantaggi economici nei diversi settori imprenditoriali di interesse. Le indagini hanno consentito di ricostruire anche specifici episodi intimidatori, tanto riconnessi alla realizzazione dell’iniziativa imprenditoriale della cosca, quanto con specifico scopo estorsivo, oltre che la disponibilità di numerose armi».
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