Il Teatro del Carretto è una compagnia fondata dalla regista Maria Grazia Cipriani e dallo scenografo Graziano Gregori nel 1983. La sua storia è piena di riconoscimenti e spettacoli in moltissimi festival internazionali, da New York a Tokyo, dal Cairo a Città del Messico.
A Roma, al Teatro Vascello, porta il suo recente Le mille e una notte, e in platea c’è una manciata di spettatori. Peccato. Perché tutti quelli che non andranno a vedere quel lavoro, in sala fino al 26 marzo, si perderanno una prova conturbante di violenza e comicità, un susseguirsi di racconti e immagini tratte dalla nostra storia, tratte dalle storie che ci raccontiamo da sempre: miti, favole, drammi, poemi.
In tempi in cui la violenza di genere costella la cronaca italiana e internazionale, il Teatro del Carretto affonda il coltello nelle mille storie che Shahrazade racconta al sultano Shahriyar per neutralizzare la sua feroce vendetta. E l’infinita narrazione diventa un antidoto, certe volte un veleno pieno di sangue e urla strazianti, per saltellare tra gli autori, ma rimanere saldamente ancorati all’oggi, alla tragedia della guerra, alla violenza tra le mura domestiche.
Tra le tante parole, il corpo, in tutta la sua eleganza e brutalità, è lo specchio di un affresco visionario che comincia con la voce e si scioglie nel respiro del tempo.
Forse all’uscita resta un senso di sovrabbondanza e preghiera sfacciata, il dubbio sull’efficacia di un messaggio che lascia pochissime gocce alla fiducia; ma rimane anche il piacere di aver visto attori bravissimi (Elsa Bossi, Giacomo Vezzani, Nicolò Belliti) diretti da un occhio visionario, movimenti e voci immersi in un universo grottesco, a loro agio in un tessuto narrativo immenso.
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