E’ stata condannata a cinque anni l’ex sindaco Pd di Genova Marta Vincenzi, per i tragici fatti dell’alluvione del 4 novembre 2011, in cui persero la vita quattro donne e due bambine. Il pm Luca Scorza Azzarà aveva chiesto sei anni e un mese. La decisione è stata presa dopo sette ore di Camera di Consiglio. La Vincenzi era accusata di omicidio plurimo, disastro colposo plurimo, falso e calunnia. Per quest’ultima accusa è stata assolta. Con lei sono stati condannati l’ex assessore comunale alla protezione civile Francesco Scidone a 4 anni e 9 mesi, i dirigenti comunali Gianfranco Delponte a 4 anni e 5 mesi e Pierpaolo Cha a 1 anno e 4 mesi e Sandro Gambelli a un anno. Assolto invece l’ex coordinatore dei volontari di protezione civile Roberto Gabutti che era accusato solo di falso e calunnia.
Secondo l’accusa, i politici e i tecnici non chiusero le scuole nonostante fosse stata diramata l’allerta 2 e, la mattina della tragedia, non chiusero con tempestività le strade. Dalle indagini era emerso che “gli uffici comunali di protezione civile avevano ricevuto notizie allarmanti già alle 11 mentre il rio Fereggiano esondò intorno all’una”. In quelle due ore c’era la possibilità di evitare la tragedia con alcuni accorgimenti che “non vennero messi in atto”, aveva scritto il pm. I vertici della macchina comunale “non solo non fecero quello che andava fatto” ma, secondo l’accusa, “falsificarono il verbale alterando l’orario dell’esondazione”. Quel documento secondo gli inquirenti venne alterato per sostenere la tesi secondo cui quel giorno sulla città si abbattè una “bomba d’acqua” di per sé imprevedibile. All’indomani della tragica alluvione, venne aperto un fascicolo per disastro colposo e omicidio colposo plurimo contro ignoti.
Grazie alle testimonianze dei cittadini, alle loro foto e video, gli investigatori hanno scoperto che la verità raccontata dai verbali presentati dagli uffici comunali era ben diversa da quanto veramente accaduto. Vennero così ipotizzate le accuse relative al verbale ‘taroccato’: il falso, appunto, e la calunnia perché gli imputati scrissero nel documento che il volontario di protezione civile risultava presente sul rio a monitorare l’andamento dell’acqua quando invece non arrivò mai sul posto.
“Io mi considero innocente”, ha detto Marta Vincenzi al termine del processo. “Meno male che in Italia sono previsti tre gradi di giudizio. Non è finita qui”.
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