L’ex terrorista Cesare Battisti rinchiuso nel carcere di Oristano in regime di “ergastolo ostativo”

Battisti tra gli agenti all’aeroporto di Ciampino appena rientrato dalla Bolivia (foto Ansa di Ettore Ferrari)

Si è concluso alle 17,25 di stasera in Sardegna, nel carcere di Massama di Oristano, il viaggio  di Cesare Battisti  dalla Bolivia, dove ieri – a Santa Cruz de la Sierra, dove si era rifugiato – era avvenuto l’arresto ad opera delle forze dell’Interpol, di cui facevano parte anche agenti italiani e brasiliani. L’ex terrorista, latitante da 37 anni, ha varcato le porte dell’istituto a bordo di un furgone con i vetri oscurati e una quindicina di auto al seguito a sirene spiegate. All’esterno della casa circondariale, presidiata dalle forze dell’ordine, c’era anche un nutrito gruppo di giornalisti.

“Ora so che andrò in prigione”, aveva detto Battisti parlando con i funzionari dell’Antiterrorismo ai quali è stato consegnato a Ciampino. L’ex terrorista è apparso rassegnato ed ha ringraziato per come è stato trattato e per i vestiti più pesanti fornitigli in aereo.

“Spero di non incontrarlo da vicino”, aveva detto il ministro dell’Interno  Salvini. “Oggi – ha proseguito – penso che l’Italia debba festeggiare, con troppo ritardo. E’ una giornata nel nome della giustizia, dell’onore, del buonsenso. L’Italia ha ritrovato centralità, rispetto e rispettabilità. Sono contento che abbiate potuto vedere ovunque queste immagini, segnale di rinnovata fiducia e giustizia”.

Il ministro dell’Interno ha poi avuto una “lunga, cordiale e costruttiva telefonata” con il neo presidente del Brasile, Bolsonaro. «Gli ho ribadito l’enorme grazie a nome di 60 milioni di italiani – spiega il titolare del Viminale – per averci permesso di chiudere positivamente la questione Battisti e ci siamo impegnati ad incontrarci presto in Brasile o in Italia per rinsaldare i legami tra i nostri popoli, i nostri governi e la nostra amicizia personale”.

Per il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede “è il risultato di un intero Paese, un risultato storico: quando le istituzioni italiane sono compatte non ci ferma nessuno. Oggi l’Italia va a a testa alta. Parliamo di un pluriomicida che si è macchiato di reati gravissimi – ha detto – e con la sua fuga ha offeso il Paese. Il momento in cui la giustizia farà il suo corso è quando varcherà la porta del carcere: a quel punto sconterà la pena dell’ergastolo”.

“Abbiamo assicurato alla giustizia una persona pericolosa che ha fatto del male all’Italia e che si è dimostrato irridente e oltraggioso nei confronti del Paese”, ha detto il capo della Polizia Franco Gabrielli. “Voglio sottolineare il lavoro della nostra Intelligence, della Digos e della questura di Milano che hanno lavorato assieme all’Interpol per raggiungere questo straordinario risultato”, ha aggiunto.

Battisti rientra nei casi dell’ergastolo ostativo, ossia senza la possibilità di ottenere benefici nell’esecuzione della pena, almeno se le condizioni non mutano. Lo hanno spiegato il procuratore generale di Milano Roberto Alfonso e il sostituto pg Antonio Lamanna.

Stiamo lavorando per recuperare terroristi che se la stanno godendo in giro per il mondo“, ha aggiunto Salvini. Terroristi di ogni colore politico?, gli è stato chiesto. “Si di ogni colore politico: bianco, rosso e verde”.

Un criminale degli “anni di piombo”

Si fregiava del titolo di leader dei Proletari armati per il Comunismo, ma in realtà era un criminale comune Cesare Battisti, come altri figuri che nei terribili anni 70, gli “ani di piombo” che insanguinarono l’Italia con i loro delitti. Tuttavia ci fu chi nel fanatismo degli ideologismi esasperati di quell’epoca sostenne o coprì o mostrò tolleranza per personaggi come lui, fino a spingersi ad esaltarli o a sostenerli. Ma sia ben chiaro:  nessuna delle azioni criminali che commisero era associabile al termine comunismo. Anzi  agli ideali del comunismo resero solo gravissimi danni, almeno nell’immaginario collettivo.

Perciò, dopo 4 omicidi di cui si macchiò insieme con i suoi complici, la sua fu una vita in fuga, tra evasioni ed espatri che incontrarono – non si sa se per ingenuità, per fanatismo o per complicità criminale – sostegni insperati. come l’aiuto a pubblicare libri sulle sue “imprese”.

Nato a Cisterna di Latina il 18 dicembre del 1954, Cesare Battisti deve scontare l’ergastolo sulla base di due condanne per gli omicidi del gioielliere Pierluigi Torregiani e del macellaio Lino Sabbadin, avvenuti entrambi il 16 febbraio 1979, a Milano e Mestre, e del maresciallo Antonio Santoro, ucciso a Udine il 6 giugno 1978, e dell’agente della Digos Andrea Campagna, assassinato a Milano il 19 aprile 1978.

Ma la sua carriera criminale era iniziata prima. Il primo arresto è del ’72 per una rapina a Frascati e due anni dopo un altro per una rapina con sequestro di persona a Sabaudia. Nel ’76 si trasferisce a Milano. Viene arrestato di nuovo, ancora una volta per rapina, e detenuto nel carcere di Udine dove conosce Arrigo Cavallina, ideologo dei Pac, elemento della destra estrema: da quell’incontro matura la decisione di partecipare alle azioni del gruppo eversivo, che gli costeranno un’altra volta l’arresto.

Detenuto nel carcere di Frosinone, nel 1981 evade grazie ad un assalto dei terroristi. Qui comincia la sua lunghissima latitanza: prima a Parigi, poi  in Messico con la compagna Laurence da cui ha avuto due figli, fondando il giornale ‘Via Libre‘. Nel 1990 torna a Parigi. L’anno successivo parte dall’Italia la prima richiesta di estradizione che viene rigettata. Nel frattempo Battisti intraprende la carriera di scrittore di noir. La seconda richiesta per estradarlo è nel 2004: Battisti viene arrestato a febbraio a Parigi sempre su richiesta delle autorità italiane. Ma parte una incredibile campagna sostenuta dagli intellettuali della gauche per la sua liberazione e il 3 marzo Battisti viene scarcerato.

Solo dopo un certo lasso di tempo  la Corte d’appello francese dà il via libera all’estradizione; ma il 21 agosto Battisti non si presenta al commissariato per la firma settimanale. Il telefono di casa squilla a vuoto e la compagna dice di non sapere nulla, il giorno successivo scatta il mandato d’arresto confermato il 30 agosto dalla Corte d’Appello francese.

Ad ottobre finalmente il primo ministro francese firma il decreto di estradizione in assenza del condannato, latitante. Ma lui nel frattempo è fuggito in Brasile. Qui si sposa ed ha tre figli. Il 18 marzo 2007 viene arrestato a Copacabana.

Parte la terza richiesta di estradizione. Ma il Brasile gli riconosce lo status di rifugiato politico. E nel novembre 2009 il Supremo Tribunal Federal, pur a favore dell’estradizione, lascia la decisione al presidente Lula, che il 31 dicembre 2010, nell’ultimo giorno del suo mandato, annuncia il suo ‘no’. Battisti esce dal carcere.

Cinque anni dopo una sentenza decreta la sua espulsione dal Brasile per via di una storia di documenti falsi con cui era entrato nel paese dalla Francia e riprende quota l’ipotesi di un rientro in Italia.

L’espulsione viene annullata, ma il 4 ottobre 2017 Battisti tenta di fuggire in Bolivia e viene nuovamente arrestato. Tre giorni dopo è di nuovo in libertà.

In Brasile il clima politico è però cambiato. L’11 ottobre 2017 il presidente Michel Temer revoca l’asilo politico. Jair Bolsonaro, esponente dell’ultradestra, già in campagna elettorale promette di estradare immediatamente Battisti se verrà eletto, cosa che avviene. E il 13 dicembre Luis Fux, magistrato del Supremo Tribunale Federale (Stf), ordina l’arresto dell’ex terrorista per “pericolo di fuga” in vista proprio della possibile estradizione, concessa nei giorni seguenti dal presidente uscente Temer prima dell’insediamento di Bolsonaro il primo gennaio 2019.

Ma lo stesso 13 dicembre Battisti fugge ancora. Il 14 dicembre il presidente del Brasile, Michel Temer, firma il decreto di estradizione. L’ipotesi è che si sia rifugiato in Bolivia e dal 19 dicembre partono le trattative per negoziare la possibilità di una resa, ma il latitante dice no. Seguono giorni di silenzio e di indagini serrate, fino all’epilogo: l’arresto proprio in Bolivia, per le vie di Santa Cruz de la Sierra. E qui  il colpo di scena di segno contrario per Battisti sul piano giudiziario: il presidente boliviano, anziché restituirlo al Brasile (dove non esiste l’ergastolo per i reati di cui si è macchiato Battisti, il che potrebbe ritardarne l’estradizione in Italia) lo consegna direttamente all’Italia. Che lo mette in cella non nel carcere romano di Rebibbia, ma in quello sardo di Massana di Oristano, in regime di “ergastolo ostativo” (senza sconti di pena).

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