La Procura di Prato ha aperto un’inchiesta sulla morte di Luana D’Orazio ed ha iscritto due persone nel registro degli indagati. Lo apprende l’ANSA da fonti inquirenti.Le iscrizioni sarebbero legate agli accertamenti tecnici che si stanno anche concentrando sulla valutazione del funzionamento dei dispositivi di sicurezza del macchinario tessile, un orditoio, in cui è rimasta incastrata la giovane operaia il 3 maggio in una ditta di Montemurlo.
Lavorava da circa un anno in un’azienda tessile, “Orditura Luana”, in provincia di Prato, a Oste di Montemurlo. E’ morta, a 22 anni, finendo dentro l’ingranaggio dell’orditoio, la macchina che permette di preparare la struttura verticale della tela che costituisce la trama del tessuto. Si chiamava anche lei Luana, D’Orazio, giovane operaia e anche giovane mamma, di un bambino di 5 anni. Viveva a Pistoia, con i genitori e il fratello.
«Siamo al lavoro per capire se e cosa non abbia funzionato nel macchinario, compresa la fotocellula di sicurezza. Abbiamo ricevuto i rilievi e nelle prossime ore nomineremo dei periti per gli accertamenti tecnici sui documenti raccolti dalla polizia giudiziaria» – dice il procuratore capo di Prato Giuseppe Nicolosi – «Speriamo di poter eseguire presto anche l’autopsia sul corpo della giovane, per cui abbiamo già dato mandato».
Sempre nell’ambito dell’inchiesta sulla morte di Luana D’Orazio alcuni dei colleghi che ieri mattina erano nella ditta sono già stati ascoltati dagli investigatori, mentre la Procura ha messo sotto sequestro due orditoi: quello che ha generato l’incidente mortale ed uno identico, poco distante, che sarà utilizzato per compiere dei confronti tecnici.
“Luana era bella, buona e umile. Era contenta del lavoro che svolgeva anche se poi tutti i lavori possono pesare, anche i più leggeri, ma le piaceva lavorare. Era bella, solare, amava la vita, non litigava. Era solare, si vede dalle foto, anche su Facebook. Aveva tanta voglia di lavorare per costruirsi un futuro perché era fidanzata da due anni”. Così coi cronisti Emma Marrazzo ha ricordato la figlia Luana. “Luana aveva studiato all’Einaudi”, istituto professionale di Pistoia, “poi al terzo anno ha interrotto, è nato il bimbo. Luana era ragazza-madre”.
La mamma racconta anche di quando Luana ha fatto la comparsa in un film di Leonardo Pieraccioni. “Luana era contentissima di aver fatto la comparsa in un film di Pieraccioni, era stata contattata tramite una nostra amica, aveva fatto il casting ed era stata presa”, ha detto Emma Marrazzo. Luana aveva partecipato come comparsa al film ‘Se son rose’, del 2018, diretto e interpretato da Pieraccioni. “Credo che le sarebbe piaciuto lavorare in quell’ambiente e, magari diventare famosa. Ma non così”, ha anche detto la mamma di Luana.
Secondo una prima ricostruzione, la giovane opraia sarebbe rimasta impigliata nel rullo del macchinario a cui stava lavorando venendo poi trascinata. Accanto a lei c’era un collega, girato di spalle: quando si è voltato ha visto quello che era successo, ma ha riferito di “non aver udito grida di aiuto”. L’allarme è scattato subito, sul posto arrivati oltre ai vigili, carabinieri e sanitari, ma i soccorsi sono risultati vani. Intervenuti anche i tecnici della Asl Toscana centro: hanno posto sotto sequestro macchinario e circostante area per la verifica dei dispositivi di sicurezza. La magistratura ha disposto l’autopsia.
Tra Prato e Pistoia è il secondo infortunio mortale in un’azienda tessile quest’anno: il 2 febbraio Sabri Jaballah, 23 anni, aveva perso la vita schiacciato da una pressa a Montale. Lo ricordano anche i sindacati Cgil, Cisl e Uil di Prato, che stanno organizzando una “forte azione di mobilitazione” per venerdì. Sulle cause attendono gli accertamenti della magistratura ma intanto, sottolineano, non si può “non rilevare che ancor oggi si muore per le stesse ragioni e allo stesso modo di cinquant’anni fa: per lo schiacciamento in un macchinario, per la caduta da un tetto. Non sembra cambiato niente, nonostante lo sviluppo tecnologico dei macchinari e dei sistemi di sicurezza. E’ come se la tecnologia si arrestasse alle soglie di fabbriche e stanzoni. Dove si continua a morire e dove, troppo spesso, la sicurezza continua ad essere considerata solo un costo”. Si dice “sgomento” il sindaco di Montemurlo, Simone Calamai: “Covid e pandemia rischiano di farci perdere di vista il problema delle morti sul lavoro”. Di “grande senso di ingiustizia, di rabbia e dolore immenso” parla Alessandro Tomasi, sindaco di Pistoia, il cui pensiero “va alla madre e al padre di questa ragazza, al figlio piccolo che lascia e al fratello”. “Non si può morire sul lavoro a nessuna età”, le parole del presidente della Regione, Eugenio Giani, secondo cui questa tragedia “chiama ancora una volta alla responsabilità di tutti”. “Morire così non è accettabile” afferma il segretario generale della Uil Pierpaolo Bombardieri, “un’altra tragedia che ci addolora, ora basta”, il commento del segretario generale della Cisl Luigi Sbarra.
UN’ALTRA VITTIMA A BISTO ARSIZIO: L’OPERAIO 49ENNE CRISTIAN MARTINELLI
Un’altra vittima del lavoro si è avuta in Lombardia: un operaio di 49 anni, Cristian Martinelli, è rimasto schiacciato stamattina da un’enorme fresa industriale in una fabbrica di Busto Arsizio (Varese). Per l’uomo, trasportato d’urgenza in ospedale a Legnano in gravi condizioni, i medici non hanno potuto fare altro che constatarne la morte. La Procura di Busto Arsizio (Varese) ha aperto un fascicolo per omicidio colposo, al momento a carico di ignoti, per far luce sulle cause dell’incidente. Il pm Susanna Molteni ha inoltre disposto il sequestro del macchinario sul quale la vittima stava lavorando e l’autopsia.
«Si lamentava che fossero in pochi, sto aspettando che mi facciano entrare, per prendere le sue cose», ha detto in lacrime ai cronisti la moglie di Cristian. La donna, sotto shock e disperata, si è presentata davanti all’ingresso della fabbrica in compagnia della suocera, per chiedere gli effetti personali del marito, con cui ha avuto due bambine, che hanno sette e otto anni.
«Siamo dall’inizio dell’anno in una situazione in cui una persona al giorno sta morendo sul lavoro. Questo è perché non ci sono abbastanza controlli, non c’è abbastanza attenzione e non si considera la sicurezza sul lavoro un vincolo, ma un costo» ha affermato il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, a “Uno Mattina” annunciando che parlerà di sicurezza sul lavoro nell’incontro di questo pomeriggio a Palazzo Chigi sul Recovery plan. «Credo che sia assolutamente necessario che vengano fatte assunzioni nei servizi di medicina del lavoro per fare i controll. Nel 2009 c’erano in Italia circa 5 mila addetti nei servizi ispettivi delle unità sanitarie locali, oggi sono 2 mila, così come anche gli ispettorati del lavoro si sono ridotti». Landini ricorda anche la proposta dei sindacati di istituire una patente a punti alle imprese per la qualità e la sicurezza.
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