di SERGIO SIMEONE – E’ da una vita che la Germania viene indicata agli italiani dai commentatori politici come modello a cui ispirarsi. Eppure in Germania è stata appena trovata una soluzione alla lunga e travagliata gestazione di un accordo di governo, ma nessuno, a parte qualche vago e frettoloso cenno, si è preoccupato di analizzare con attenzione l’iter che ha portato a questo accordo, non per farne oggetto di imitazione (la nostra situazione post-elettorale è molto diversa), ma almeno per cercare di estrarre qualche insegnamento che sia valido anche per noi.
La ragione di questo silenzio è largamente comprensibile: in Germania i Partiti tradizionali hanno sostanzialmente retto, sia pure con affanno, all’assalto dei populisti, in Italia si è assistito al trionfo delle formazioni definite populiste ed i partiti tradizionali sono stati messi all’angolo.
Eppure io penso che , pur tenendo conto delle differenze, sia utile anche a noi ripercorrere l’iter che ha portato alla nuova edizione della grosse Koalition.
1. Dalle elezioni di ottobre esce un partito vincitore, anche se ridimensionato rispetto alla legislatura precedente, la CDU della Merkel con la sua alleata CSU. Nettamente sconfitta risulta la SPD di Schulz. I socialdemocratici decidono allora di andare all’opposizione per rispetto degli elettori e perché ritengono che hanno bisogno di un periodo di riflessione per elaborare una nuova proposta politica e riattrezzare il partito per renderlo di nuovo competitivo nel confronto con le altre forze politiche.
2. La Merkel si vede perciò costretta a tentare un accordo con altre due forze politiche, i verdi ed i liberali, ma l’accordo non si realizza perché i liberali vogliono imporre clausole di sapore xenofobo e la cancelliera non ci sta.
3. A questo punto la Merkel va dal Presidente della Repubblica, Frank-Walter Steinmaier , gli comunica l’esito negativo delle consultazioni condotte fino a quel momento e gli dice che l’unico modo per dare un governo alla Germania è quello di convincere la SPD a partecipare ad un governo di grosse koalition. Il Presidente fa un forte appello al senso di responsabilità del partito socialdemocratico, che accetta di iniziare le trattative, facendo presente che l’ipotesi di accordo sarà sottoposto al referendum degli iscritti.
4. La Merkel sa perfettamente che è difficile convincere un partito sconfitto ad uscire dalla naturale scelta dell’opposizione, e poi che deve fare i conti non solo con i dirigenti, ma con tutti gli iscritti dell’SPD. Perciò, pur di raggiungere l’accordo, accetta di pagare un prezzo molto alto: il programma economico-sociale avrà una impostazione fortemente keynesiana (come richiesto dal SPD) ed ai socialdemocratici verranno assegnati tre ministeri chiave: Esteri, Lavoro e Finanze. A queste condizioni gli iscritti SPD votano sì al referendum in larga maggioranza.
Non pensate che in qualche modo da queste vicende si possa estrarre qualche riflessione utile anche a noi? Io penso di sì.
a) Per chi esce sconfitto dalle elezioni è naturale scegliere la strada dell’opposizione. E’ solo dall’opposizione che può esservi una ripartenza. A patto che, naturalmente, la ripartenza non consista nel riproporre pedissequamente il gruppo dirigente e la proposta politica che sono stati bocciati dagli elettori.
b) Per superare la naturale ritrosia del partito che ha scelto l’opposizione è necessario un appello, forte ed esplicito, del Capo dello Stato che inviti a mettere davanti agli interessi di Partito quello superiore della Nazione. In questo modo il sostegno del partito sconfitto al nuovo governo non apparirà un’andata a Canossa, ma verrà interpretato come la manifestazione di un forte senso di responsabilità nazionale.
c) Il Partito più forte, pur di dare un governo al Paese, si dichiara pronto a collaborare con il Partito più debole, trattandolo come soggetto politico dotato di pari dignità, non a parole ma con i fatti, pagando cioè un pesante prezzo in termini di programma e di composizione ministeriale.
Insomma, direbbe Marx: et de te fabula narratur.
Commenta per primo