”Bisogna parlare, urlare, perché il silenzio è l’ossigeno che alimenta il sistema criminale e la simbiosi con i poteri politici si rafforza”. Lo dice a gran voce in palcoscenico Sebastiano Lo Monaco, che a 30 anni dalla prima udienza del Maxi processo a Cosa Nostra (si aprì il 10 febbraio 1986 a Palermo) torna a teatro in ”Per non morire di mafia”, spettacolo tratto dal libro dell’ex Procuratore Nazionale Antimafia, oggi presidente del Senato, Pietro Grasso e Alberto La Volpe (ed. Sperling e Kupfer).
In scena, al Ghione di Roma dal 23 al 28 febbraio e poi a Urbino, Savona e Pavia con la regia di Alessio Pizzech, il monologo di un uomo ”contro”, le riflessioni, gli interrogativi di un magistrato, amico e collaboratore di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, a confronto con il volto più cupo e drammatico della sua terra: quello dei morti ammazzati, dell’illegalità diffusa, dell’omertà. Di fronte a lui, i capi di Cosa Nostra, da Riina a Provenzano, nel più grande processo penale realizzato al mondo.
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