Lo scontro tra la Regione Veneto e il professor Crisanti sulla campagna anti-covid (dopo l’inchiesta di “Report”). Il virologo si dimette dall’Università di Padova per essere libero di attaccare Zaia

Il ricorso diffuso, in Veneto, nella campagna anti-covid, ai test antigenici negli ospedali e nelle Rsa per anziani torna ad essere motivo di scontro tra il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, e gli attuali vertici della sanità regionale, da una parte, e, dall’altra, il professore Andrea Crisanti (eletto il 25 settembre senatore del Pd).

Motivo: le anticipazioni della puntata di Report in onda su Rai 3, nella quale si parla tra l’altro delle intercettazioni effettuate dalla Procura di Padova, che ha indagato Roberto Rigoli, ex direttore del laboratorio di microbiologia di Treviso, e Patrizia Simionato, direttore generale di Azienda Zero, sulla base di un esposto dello stesso Crisanti. I due devono rispondere di falso ideologico e di turbata libertà di scelta del contraente.  La prossima udienza è fissata per il 6 febbraio.

Secondo l’accusa, in sostanza, Rigoli, incaricato di confermare l’idoneità clinico-scientifica dei tamponi, non avrebbe svolto correttamente il compito assegnatogli. Per Crisanti i test antigenici Abott acquistati dalla Regione Veneto nell’estate del 2020, tra la prima e la seconda ondata, sarebbero stati poco affidabili, circa al 70%, mentre per Rigoli la corrispondenza “è sovrapponibile nella totalità dei campioni esaminati”.

Però ad acquistare i test rapidi non è stato solo il Veneto (per una c fra di 148 milioni di euro): lo hanno fatto anche altre cinque regioni.

Report documenterebbe, attraverso le intercettazioni, il livello progressivo del deterioramento dei rapporti tra Zaia e Crisanti, a partire dalla paternità sui test effettuati su tutta la popolazione di Vo’ Euganeo. Se il parlamentare, dopo le dimissioni presentate a fine anno, afferma ora di “essere libero di prendere ogni decisione che lo riguarda, visto anche che vi sono molte intercettazioni che riguardano anche altri docenti dell’Università”, il Veneto affida la propria replica alle parole del legale Giuseppe Pavan, e a una  nota dei vertici della Sanità regionale. Pavan sostiene che il suo assistito “ha fatto il proprio dovere” e lo stesso microbiologo “ha solo perseguito il bene pubblico”.

Da parte loro i vertici della Sanità veneta difendono  la correttezza delle loro decisioni: La strategia della Regione Veneto, tesa al perseguimento dell’obiettivo ultimo di prevenire il più possibile contagi, ricoveri e decessi – si afferma – si è sempre fondata, fin dalle prime fasi dell’emergenza pandemica, su indicazioni tecnico-scientifiche di livello internazionale e nazionale“. (fonte: Ansa)

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