In Italia ogni anno circa 270 mila cittadini sono colpiti dal cancro. Attualmente, il 50% dei malati riesce a guarire, con o senza conseguenze invalidanti. Dell’altro 50% una buona parte si cronicizza, riuscendo a vivere più o meno a lungo. Ricerca sperimentale, progressi diagnostici, e nuove terapie stanno mostrando effetti positivi sul decorso della malattia, allungando la vita a molti malati. Ci sono però ancora problemi: dalla presa in carico del paziente alla revisione organizzativa, dall’accesso rapido ed uniforme alle terapie innovative ai sottovalutati problemi nutrizionali che moltissimi pazienti presentano. Il coordinamento tra Centri ‘Hub e Spoke’ e medicina territoriale, è fondamentale nei processi organizzativi/gestionali. L’innovazione digitale, il potenziamento delle reti di diagnostica di precisione e la creazione dei Molecular Tumor Board evidenzieranno le migliori cure utilizzabili, riducendo gli sprechi. La formazione di team multidisciplinari e la condivisione di dati clinici “Real world” misureranno le ricadute cliniche legate a terapie innovative sull’intero percorso di cura del paziente.
Per fare il punto sul tema “Motore sanità” ha organizzato il Webinar ‘ONCOnnection IL CANCRO AL TEMPO DEL COVID’, con il contributo incondizionato di Amgen, Boston Scientific, Nestlé Health Science e Takeda.
Nel suo intervento Gianni Amunni (Associazione Periplo – Responsabile della Rete Oncologica Toscana e direttore Generale ISPRO, Regione Toscana) nel suo intervento ha detto: «La pandemia COVID ha prodotto effetti anche sul mondo dell’oncologia, nonostante si sia cercato di mantenere il più possibile la presa in carico dei pazienti anche nel periodo di look-down. Si è registrato infatti una riduzione degli interventi chirurgici oncologici, si è avuto il fermo delle attività dei tre screening (mammella, colon retto e cervice uterina) e il ridotto ricorso agli approfondimenti diagnostici in ospedale ha prodotto una diminuzione delle diagnosi attese di tumore. È ragionevole ritenere quindi che avremo in oncologia un carico aumentato sia in termini quantitativi (mancate diagnosi) che qualitativi (casi più avanzati). La pandemia è stata anche una occasione per sperimentare in fase di emergenza, modelli organizzativi innovativi per l’oncologia, con particolare riferimento ad una più efficace integrazione delle attività ospedaliere con quelle territoriali. Ridisegnare il percorso oncologico con setting assistenziali territoriali (domicilio, cure intermedie) integrati con quelli ospedalieri è una opportunità da cogliere e da sostenere sul piano scientifico, organizzativo e, soprattutto, economico».
A sua volta Pierfranco Conte (Associazione Periplo, Direttore SC Oncologia Medica 2 IRCCS Istituto Oncologico Veneto, Padova, Direttore della Scuola di Specializzazione in Oncologia Medica Dipartimento di Scienze Chirurgiche Oncologiche e Gastroenterologiche, Università di Padova, Coordinatore Rete Oncologica Veneta) ha affermato: «Ribadendo l’importanza degli screening, si deve sottolineare che , complessivamente, gli screening consentono di diagnosticare circa il 30-40% di tutti i tumori mammari, meno del 10% dei tumori colorettali e la grande maggioranza (oltre i 2/3 ) dei tumori della cervice. Una sospensione di pochi mesi degli screening dovuta alla pandemia Covid, considerato anche che i tumori diagnosticati durante lo screening sono in stadio iniziale e a lenta crescita, fortunatamente NON dovrebbe impattare molto sull’efficacia degli screening purché, ripeto, la sospensione sia di pochi mesi. Molto più preoccupante è la ricaduta della pandemia sulle diagnosi precoci. Innanzitutto, come ho già detto, circa 80-90% delle diagnosi di tutti i tumori in Italia viene fatta al di fuori degli screening. Per tutti questi tumori, la diagnosi tempestiva è cruciale per migliorare le probabilità di cura.
Purtroppo, la pandemia Covid sta ritardando molte procedure diagnostiche radiologiche, endoscopiche, bioptiche, chirurgiche a cause dei timori dei pazienti (allo IOV abbiamo avuto diversi pazienti che hanno disdetto esami prenotati), a causa dei timori dei medici di fare accedere agli ospedali i pazienti, a causa delle difficoltà dei servizi ospedalieri impegnati severamente a fronteggiare le emergenze Covid. Temo purtroppo che nei prossimi anni vedremo le conseguenze di questi ritardi diagnostici. I pazienti oncologici sono più a rischio di ammalarsi di Sars-Cov2 per una serie di motivi: talora sono immunocompromessi, alcune terapie oncologiche sono immunosoppressive, devono accedere spesso agli ospedali. È importante caratterizzare al meglio quali sono i pazienti oncologici più a rischio. A questo riguardo rimando ad un importante lavoro pubblicato recentemente dalla Rete Oncologica Veneta su European Journal of Cancer dal prof Valentina Guarneri. La partenza delle campagne vaccinali ha giustamente elencato tra le priorità i pazienti oncologici. Perciò è essenziale che le Reti Oncologiche selezionati i pazienti oncologici che sono decina di migliaia, per categorie di priorità tenendo conto delle terapie oncologiche in atto, della severità della patologia oncologica, di eventuali altre patologie. È fondamentale poi che sia attivata una attenta vigilanza sui possibili effetti collaterali data la scarsità di informazioni al momento disponibili dato che i pazienti oncologici non erano inseriti negli studi che hanno dimostrato l’efficacia dei vaccini».
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