di SERGIO SIMEONE* – C’è un principio di civiltà universale che si è affermato sia nella morale che in diritto: se la vita di un essere umano è in pericolo deve essere salvata, a prescindere dalle ragioni per le quali quella vita è in pericolo. E’ la ragione per cui, ad esempio, se uno scalatore si trova in difficoltà mentre sta scalando una parete, non gli si dice “ma chi te lo ha fatto fare? Ora arrangiati”, ma vengono messi in campo tutti i mezzi per salvargli la vita. Oppure, per fare un altro esempio, se qualcuno rifiuta di vaccinarsi andando dietro le fake news lette sui social e si becca il covid, nessun operatore sanitario potrà dirgli “hai voluto dare ascolto alle bugie dei social anziché consultare il tuo medico ed ora che cosa vuoi dal sistema sanitario?”, ma si preoccuperà invece di farlo ricoverare presso una struttura sanitaria, dove faranno di tutto per salvarlo. Perfino quando una persona si trova in pericolo mentre e perché sta commettendo un reato, quella persona va prima salvata e dopo (soltanto dopo) processata e messa in carcere.
A maggior ragione, perciò, va salvaguardata la vita di chi si trova in grave pericolo non per diporto o per negligenza, ma perché sta fuggendo da guerre o carestie. Questo lo sappiamo bene noi italiani, perché un ministro dell’Interno del nostro Paese deve difendersi in processi penali, essendo stato accusato da due procuratori della Repubblica di non avere permesso tempestivamente a due navi, che avevano a bordo gruppi di migranti salvati da naufragi, di approdare in un porto italiano.
Non può perciò non suscitare sgomento ciò che sta succedendo al confine tra Bielorussia e Polonia, dove quattromila migranti, cinicamente adescati dal dittatore bielorusso, si trovano intrappolati tra le truppe bielorusse e quelle polacche ad una temperatura inferiore allo zero senza cibo e senza acqua e senza poter né entrare in Polonia, né tornare indietro. Questi migranti, tra cui ci sono anche bambini in tenera età, corrono serio pericolo di vita, esattamente come quelli che attraversano il Mediterraneo. Anzi undici di loro sarebbero già morti.
Non ci meraviglia in questa vicenda il cinismo di Lukascenco e si conferma la malvagità del regime sovranista polacco, che respinge i migranti con idranti e gas lagrimogeni e cerca di impedire ai volontari di portare loro cibo, coperte e indumenti. Anche l’azione della Caritas viene ostacolata, tanto da suscitare la dura protesta dell’arcivescovo di Varsavia Kasimierz Nyez contro il presidente Andrzej Duda. Sorprende invece la reazione della UE, che appare più interessata a sostenere il braccio di ferro della Polonia con la Bielorussia che alla sorte dei migranti . Le dichiarazioni della commissione sono infatti esclusivamente rivolte a condannare il comportamento di Lukascenco, ma nessuna soluzione viene indicata per salvare i 4000 disperati, come se tenendo i migranti fuori dai confini della UE bastasse a tenere il loro problema fuori dalla competenza dell’Europa.
Ma è uno stupore, a pensarci bene, ingiustificato, perché il comportamento dell’ UE in questo caso somiglia molto a quello tenuto con i migranti che dall’Africa cercano di raggiungere le coste di Italia, Grecia e Spagna, dove ogni sforzo è rivolto a delegare ai Paesi dai quali partono i migranti (Libia innanzitutto) il compito di tenere il problema fuori dall’Europa, disinteressandosi completamente della loro sorte. Tutti dicono che il nostro Draghi gode di grande autorità in Europa. Sarebbe bene che la spendesse per modificare questo comportamento disumano.
*Sergio Simeone, docente di Storia e Fisolofia, è stato ache dirigente del sindacato Scuola della Cgil
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