di LUCA DELLA MONICA – Dura contestazione questo pomeriggio a Matteo Renzi nella sua città, della quale è stato sindaco, e durante la seconda giornata della “Leopolda”, l’annuale raduno nell’antica stazione ferroviaria concepito dal presidente-segretario in funzione della sua scalata al Pd e a Palazzo Chigi. La contestazione è venuta dal corteo indetto dal movimento “No Renzi, No al referendum”, che ha provato a dirigersi verso il centro. Dopo essersi fronteggiati per pochi minuti con il cordone di agenti, i manifestanti hanno acceso alcuni fumogeni e hanno iniziato a tirare qualche petardo e soprattutto ortaggi all’indirizzo dei poliziotti che si sono schierati in modo da non farli passare. La polizia attestata su via Cavour, ha reagito con una carica spingendo i dimostranti verso l’adiacente piazza San Marco, dove si erano concentrati i partecipanti. Rimossa anche una barriera fatta dai manifestanti con oggetti ingombranti raccattati per strada.
I partecipanti al raduno hanno insistito: “Lo abbiamo detto ieri e lo ribadiamo ora: non accettiamo il divieto imposto dal questore, il concentramento è previsto per le 15 ed è nostra intenzione arrivare alla Leopolda”. Secondo gli organizzatori della manifestazione “il presidente del consiglio continua con la sua idea folle verso questa città e verso il Paese che considera il cortile di casa sua”. Alla manifestazione erano presenti anche rappresentanti arrivati da Venezia (il comitato No alle grandi navi), dalle Marche, dalla Campania: “Siamo qui per rappresentare una realtà sociale che alla Leopolda non è rappresentata, quella dei giovani che lavorano con i voucher, della persone sotto sfratto, la nostra è una piazza aperta”. “Cogliamo l’occasione – continuano gli organizzatori – per annunciare una grande manifestazione il 24 novembre a Roma, con un concerto, musica e parole per dire No a questa riforma costituzionale”. “Oggi in Italia c’è un problema di democrazia – spiegano ancora -, ma da oggi dobbiamo decidere noi, il popolo, quali sono i nostri bisogni e la riforma costituzionale va nella direzione opposta”.
“Siamo qua – hanno concluso gli organizzatori parlando con i giornalisti – per dire che se Renzi vuole confrontarsi con noi nel merito delle riforma noi siamo a Firenze e vogliamo andare alla Leopolda”. Tra i manifestanti anche gli esponenti del Comitato contro il salva-banche. Numerosi gli striscioni contro Renzi ed il governo.
CUPERLO E L’ITALICUM – Alla kermesse renziana – dove è tornata la tradizione dei “tavoli di lavoro” con supporter che dialogano con ministri e presidenti di commissione sulle riforme del governo – viene comunicata la notizia che la commissione dei 5 nominata per approntare una bozza di modifica della legge elettorale Italicum ha raggiunto una intesa, sottoscritta anche dall’unico membro della minoranza che ne fa parte, Gianni Cuperlo. Il quale ha precisato: “Ho sottoscritto il documento sull’Italicum perché contiene un passo in avanti. So che l’intesa raggiunta non ricompone la frattura consumata nella sinistra, dentro e fuori il Pd. Vedo e ascolto i tanti, anche autorevoli, convinti che solo il No al referendum potrà cambiare la legge elettorale. Io ho lavorato per ridurre quella forbice e avrei voluto un esito diverso”. Ne rispondo personalmente e in primo luogo a quanti hanno condiviso con me questo percorso e che incontrerò nei prossimi giorni”.
Non si capisce bene se ciò lo indurrà a votare Sì al referendum oppure No, dal momento che la condizione posta dalla sinistra (in tal senso si era espresso lo stesso Cuperlo parlando all’ultima riunione della Direzione del Pd) è che il Pd doveva presentare – prima del referendum! – le modifiche alla legge in parlamento e non prometterne la presentazione dopo il referendum, per scongiurare il rischio (anzi la certezza) che Renzi, in caso di vittoria del Sì, cambi idea e mandi tutto all’aria. Vedremo che cosa dirà Cuperlo a coloro che dice di voler incontrare nei prossimi giorni.
In realtà ciò che si dà per certo è soltanto questo: il comitato Pd sull’Italicum apre ad una verifica dopo il referendum su 2 punti: la introduzione del voto di preferenza per i collegi e la definizione di un premio di governabilità (di lista o di coalizione) che consenta l’indicazione su chi avrà la responsabilità di garantire il governo attraverso il superamento del meccanismo di ballottaggio.
IL PREMIER FA IL POLITICANTE. Nell’intervento di apertura alla Leopolda (cui seguirà quello di chiusura domenica) Renzi – oltre a farsi un ampio auto elogio raccontando come al solito che sta “cambiando l’Italia” e sta creando posti di lavoro che solo lui vede – ha attaccato (cosa indecente per un capo di governo) il sindaco di Roma, Virginia Raggi, attribuendole la volontà di “fermare la realizzazione della metropolitana” e ripetendo il solito, consunto slogan “Se si ha paura dei ladri, bisogna fermare i ladri non le opere”. Ma giustamente la Raggi non teme i ladri di adesso, deve rimediare ai guai combinati da quelli del passato e si preoccupa delle finanze del Campidoglio lasciaste piene di debiti. In ogni caso non ha detto di voler fermare la realizzazione di una rete di trasporti su ferro. Ma renzi ha fatto di peggio: ha tentato di gettare discredito sul sindaco di Roma mettendolo in contrapposizione con quello di Torino, la Chiara Appendino, anche lei del M5s, per coprire la sua responsabilità di avere mandato a casa il sindaco di Roma, il Pd Ignazio Marino, con una congiura notarile affidata al suo scudiero Matteo Orfini.
Poi ha annunciato giri frenetici in Italia a sostegno del Sì al referendum. Questo perché aveva detto di non volerlo personalizzare!
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