Sulla martoriata area mediorietale – e in particolare sulla Siria – si raccontano, si scrivono e si tramandano valutazioni spesso distorte, deformate da una propaganda di parte alimentata da interessi che nulla hanno a che vedere con la verità. Per farsene un’idea pubblichiamo e sottoponiamo all’attenzione dei nostri lettori questo servizio dell’Ansa.
di NINA FABRIZIO (Ansa)
Dopo il cessate il fuoco del 22 dicembre 2017, Aleppo è ora una città tutta da ricostruire. Nell’assenza delle istituzioni governative e mentre è ancora “alta” la minaccia del fondamentalismo, a tentare una ricostruzione non solo materiale, ma anche umana dopo le ferite della guerra, sono i frati francescani
della parrocchia di San Francesco d’Assisi ad Aleppo Ovest. “La città – spiega il parroco padre Ibrahim Alsabagh (nella foto Ansa scattata da Claudio Onorato in occasione della presentazione del suo libro “Un istante prima dell’alba”), in questi giorni in Italia per presentare il suo nuovo libro-testimonianza, “Viene il mattino“, edito da Edizioni Terra Santa – è distrutta al 60%, mancano ancora l’elettricità e l’acqua potabile, da che era una grande polo industriale, Aleppo ora è ridotta a un piccolo villaggio dove si soffre la fame e la mancanza di lavoro. Due terzi dei cristiani sono fuggiti, il governo, in un incontro di marzo con i capi religiosi, ci ha detto che non è in grado di fare fronte alle necessità della ricostruzione e intanto soffriamo ancora la minaccia dell’Isis”.
Padre Ibrahim e la sua comunità, però, non si sono scoraggiati del tutto. “Quando ancora si lanciavano i missili abbiamo avviato un progetto di ricostruzione con ingegneri e architetti con cui siamo riusciti a ridare vita a 274 case. Le richieste sul nostro tavolo si accumulano di giorno in giorno, ad oggi siamo riusciti a ricostruire 1200 abitazioni. Un altro segno di speranza sono i progetti di microcredito che stiamo portando avanti sostenendo 400 persone, il 96% di queste è riuscito a ripartire”.
Le ferite però non sono solo quelle degli edifici crollati e squarciati (nelle due foto accanto: come era e come è ridotta) ma anche quelle dell’animo, in particolare per tanti bambini che hanno praticamente conosciuto solo la guerra e mai sperimentato la pace. “Per questo – fa sapere padre Ibrahim – lavoriamo a dei campi scuola che offrono una prospettiva di convivenza pacifica ai più piccoli. Siamo felici di aver recuperato bambini che persino i loro maestri credevano fossero irrecuperabili”. Il parroco di Aleppo si dice poi anche molto “preoccupato” per le ostilità delle scorse settimane tra Siria e Israele, “ad essere franco – afferma – nemmeno noi che siamo lì sappiamo bene che cosa sta accadendo, quanti eserciti ci siano in Siria in questo momento, ma i segnali di una nuova guerra regionale sono terribilmente preoccupanti, per la Siria significherebbe il baratro”. Quindi il frate francescano condanna l’embargo di cui è il “popolo a pagare il prezzo” e difende il presidente Bashar al Assad sostenendo che “non è un mostro come i media in Occidente lo dipingono”, ma “l’unico” al momento in grado di garantire la sopravvivenza delle minoranze, “per noi – dice molto chiaramente – la sua permanenza al potere è la soluzione migliore”. Padre Ibrahim chiama in causa anche la comunità internazionale: “Non possiamo che constatare oggettivamente l’assenza di una volontà di pace, quando assisto a certe riunioni dell’Onu non vedo la maturità, il dialogo e la vera intenzione di giustizia che mi aspetto”. Tra i capi religiosi, anche musulmani, afferma infine, è forte la preoccupazione per la nuova ondata di fondamentalismo che sta investendo il Paese. “Anche il gran Muftì della Siria, quando è venuto ad Aleppo a visitarci – riferisce – ci ha parlato del sogno di un Paese laico in cui tutte le persone, anche di diversa religione, siano rispettate”.
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