Si è spento poco dopo l’inizio del nuovo anno monsignor Hilarion Capucci, arcivescovo di rito greco-cattolico in esilio a Roma da oltre 40 anni. Nato ad Aleppo nel 1922 è stato un prete sempre vicino alla sofferenza della sua gente. Nel 1965 era stato nominato ausiliare dei greco melchiti di Gerusalemme e si è sempre battuto per la causa palestinese. Venne arrestato nel 1974 in Israele con l’accusa di sostenere la resistenza palestinese. Secondo il governo israeliano gli trovarono armi nell’auto, ma da quest’accusa lui si è sempre difeso dicendo che le armi le avevano messe proprio per toglierlo di mezzo. Una corte militare lo condannò a 12 anni di prigione. Paolo VI si mosse discretamente in suo aiuto e nel 1978 venne rilasciato. “Rendo omaggio alla fermezza di tutti i prigionieri palestinesi che difendono il diritto del loro popolo di vivere in pace, senza occupazione e sofferenza. I miei saluti a tutti i prigionieri in sciopero della fame che combattono contro i loro torturatori e oppressori della libertà, della dignità e dell’umanità”, scrisse in un documento del 2015 che rappresenta il suo testamento morale. “Ritornerò – promise in quelle righe – alla mia Gerusalemme molto presto. Ritornerò in una Gerusalemme libera. A Gerusalemme, la città della coesistenza, della pace e dell’unità sociale, dove la bandiera palestinese verrà alzata contro la politica di ebraicizzazione, deportazione, arresti e colonie”. Nei 38 anni del suo esilio romano, monsignor Capucci ha continuato a battersi per l’indipendenza della Palestina e negli ultimi anni anche per la pace in Siria, presente ad ogni manifestazione pubblica, ad ogni conferenza, nei molti dibattiti e alla sua messa di domenica nella basilica di Santa Maria in Cosmedin a Roma. Alla camera ardente a Roma gli hanno reso omaggio l’ambasciatrice di Palestina Mai Alkaila, il presidente della comunità siriana in Italia Jamal Abo Abba e le rappresentanze dei movimenti per la Siria.
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