“Non esiste alcuna polemica con Alberto Barbera. Il nostro è sempre stato un rapporto amicale, serrato, franco e costruttivo anche nelle fasi di selezione”, dice all’Ansa l’ad di Rai Cinema con un sostanziale dietro front. “Abbiamo ruoli diversi, tutti e due difficili. Non si tratta di vincere premi o meno. Più volte – sottolinea Del Brocco – malgrado i tanti film che normalmente abbiamo al festival, siamo usciti a mani vuote e non ho mai detto nulla. Anzi, agli atti ci sono molti miei elogi pubblici per il prezioso lavoro che Alberto ha svolto in questi anni. Nella mia dichiarazione – continua l’ad di Rai Cinema – ho semplicemente espresso in modo educato un’opinione. Penso sia legittimo per una società che tanto fa per l’industria del cinema e per il festival poter svolgere una riflessione certamente non offensiva del lavoro di alcuno. Rinnovo, come già fatto ieri, i complimenti per il festival a tutti coloro che lo hanno voluto fortemente e valorizzato. In primis il suo direttore”.
Il presidente della Biennale Roberto Cicutto di prima mattina aveva provato a smorzare i toni: “Chiunque investe per tanto tempo in un’opera, se non vince rimane male, è normale, ma le giurie sono autonome”. Per il direttore della Mostra Alberto Barbera è un copione che si ripete: “Si è mai visto un verdetto di giuria che non faccia discutere? Accontentare tutti è impossibile, i verdetti vanno accolti per quello che sono: un giudizio di sette persone, nulla di più, nulla di oggettivo, tutto soggettivo”. Sostenendo la giuria presieduta da Cate Blanchett ha sottolineato: “Hanno discusso due ore al giorno commentando, analizzando i due film della giornata, tutti i film italiani sono stati presi in considerazione, largamente apprezzati, incluso Notturno che è stato lungamente considerato per un premio. Poi credo – è l’opinione di Barbera – che la giuria abbia valutato che ad un regista che ha già vinto un Leone d’oro e un Orso d’oro non potevano dare un premio che non avesse stesso valore e prestigio. Questa è una polemica capziosa e controproducente”.
Insinuare che il giurato italiano, lo scrittore Nicola Lagioia, non abbia combattuto abbastanza e che la composizione della giuria di Venezia 77 non sia stata ben calibrata, “è una polemica inutile, ingiusta, inefficace, è un modo di fare capzioso. Quando Paolo Del Brocco – aveva detto Barbera perdendo le staffe dopo aver dichiarato “serenità” e “felicità” – comporrà lui la giuria staremo a vedere”. Cicutto chiude con ironia: “Stare qui a discutere di questo è meraviglioso – ha risposto all’ANSA -: significa che ci siamo dimenticati del Covid e di quello che è stata questa mostra irripetibile, ci ritroviamo a parlare di verdetti non condivisi come sempre, insomma nulla cambia e questo è molto rassicurante”.
Il Covid, in realtà, è stato il vero protagonista della Mostra: “Proteggere Venezia 77, con tutto l’apparato organizzativo di controllo e sanitario, è costato due milioni di euro”, dice il presidente della Biennale, in un festival che ha potuto contare su un budget totale di 14 milioni, rispetto ai 12 previsti. “Sui ricavi si è perso qualcosa, abbiamo speso di meno per le ospitalità, ma molto sulle bonifiche e sull’organizzazione. Lo considero un investimento che va nella direzione di migliorare i servizi, come gli aggiornamenti tecnologici, la tecnologia boxol di prenotazione a distanza ad esempio”, prosegue Cicutto. Gli accreditati sono stati 5500, le presenze in sala sono state inferiori del 40% rispetto al 2019, “ma è andata meglio del previsto, avevamo stimato -66%). Gli ingressi sono stati 92mila, rispetto ai 154mila dello scorso anno”.
L’idea di Cicutto è di un sempre maggiore dialogo tra le varie sezioni della Biennale, “vogliamo dare il segnale che siamo una grande famiglia”. Alberto Barbera è a fine mandato. Sul futuro direttore ancora non si sa, la corsa è in atto (Barbera potrebbe avere la riconferma, dopo 12 anni: non ci sono regole di impedimento). Chi potrebbe essere? Cicutto si toglie dall’impaccio e ironizza: “Forse prendo io l’interim!”.
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